REFERENDUM: SI ALL'ESTENSIONE DELL'ARTICOLO 18
DIRITTI DEI LAVORATORI
Proutist Universal Italia indica di votare SI al referendum per l'estenzione dell'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori anche per gli occupati nelle aziende con meno di 15 dipendenti perché permetterà alle persone di aumentare i diritti e la qualità della vita.
La necessità di estendere tale diritto a tutti i lavoratori é un atto dovuto nei confronti di milioni di lavoratori
precari o occupati nelle piccole imprese. Al di là degli interessi politici che si nascondono dietro a questo referendum noi non comprendiamo perché l'estenzione del diritto al licenziamento per giusta causa non si possa sposare con le necessità economiche delle imprese anche piccole. Non
comprendiamo perchè ci dovrebbe esssere differenza di trattamento quando si parla di lavoratori della grande industria e della piccola impresa. Se la democrazia non è una farsa ma un sinonimo di diritti estesi a tutti questo referendum potrà solo aumentare la coscienza sociale nel mondo del lavoro.
Parlare di danni alle piccole imprese e senz'altro un'esagerazione quando si sostiene che esse non saranno più in grado di licenziare in caso di bisogno, invece l'iniziativa referendaria richiede loro solamente di giustificare alla legge la giusta causa il che aumenterà il grado di coscienza e di attenzione dell'imprenditore oltre a salvaguardare i diritti
e la dignità dei lavoratori. Noi crediamo che il SI a questo referendum stimolerà il Governo ed il Parlamento a varare nuove proposte in grado di equilibrare i diritti dei lavoratori con le necessità delle piccole imprese, come ed esempio, estendendo
il ditto agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e mobilità) anche per i dipendenti delle piccole aziende che in questo senso sono tuttora discriminati.
Non comprendiamo altresì i vertici delle organizzazioni delle piccole imprese e degli artigiani che si oppongono a questo referendum sostenendo che la vittoria del SI sarà un'ulteriore tegola sulla testa dei loro associati che va a cadere in un periodo di contrazione dell'economia.Va detto a questi signori che non riescono, al pari dei loro colleghi della Confindustria, a coniugare diritti e crescita economica, che la pesante
recesssione economica, fortemente subita anche dalla piccola industria, ha per causa la forte concentrazione del valore della ricchezza perpetrata dalle multinazionali che in questi ultimi anni hanno letteralmente scippato quote di mercato ai piccoli imprenditori facendo fallire decine di migliaia di piccole aziende ieri fortemente radicate sul territorio. Gli artigiani
non hanno la forza competitiva dei grandi gruppi multinazionali di globalizzarsi e quando decidono di spostare la produzione in altri Paesi, riducono al fallimento decine di piccole aziende che prima lavoravano conto terzi per loro: la disgregazione del tessuto delle piccole imprese in Veneto, nel calzaturiero e nell'abbigliamento ne è un tangibile esempio.
Queste persone non hanno ancora capito che la difesa della piccola impresa passa per politiche che si oppongono alla globalizzazione economica e tendono a favorire l'economia territoriale o locale dove la produzione artigianale è presente. Invece di contrastare iniziative che aumentano i diritti dei lavoratori aumentando di conseguenza la produttività nelle loro
aziende, i vertici delle associazioni dei piccoli impreditori dovrebbero incominciare a contrastare le scelte di Confindustria, che è potenzialmente il loro vero nemico, mentre, a tutto discapito dei loro associati, si accontentano delle poche briciole di mercato che le multinazionali lasciano
loro.
Il SI sarà anche una risposta chiara alle politiche sul lavoro che aumentano la precarietà, l'insicurezza e la perdita di potere d'acquisto delle persone, vero ostacolo alla ripresa economica in quanto responsabile del calo dei consumi.
Rinnovando per coerenza e come atto di presa di coscienza dei cittadini il SI al Referendum sull'art. 18 contestiamo fortemente il mezzo scelto per ottenere ciò. Il sistema del Referendum a nostro avviso è sorpassato, è ingiusto nell'applicazione del quorum che deve raggiungere per ottenere la
validità del responso delle urne: il 50% +1 dei votanti aventi diritto; cosa che non esiste neanche negli Stati Uniti per l'elezione del Presidente.
Questo permette ai politici di turno di affrontare campagne referendarie incitando la gente a non andare a votare o di andare al mare invece di affrontare il voto. Siccome è universalmente riconosciuto che il voto è un diritto ed un dovere che tutti dovrebbero esercitare, la legge non dovrebbe permettere a persone che rappresentano il Popolo e lo Stato di
agire contro i diritti stessi, quindi è necessario ed auspicabile la riforma in senso abrogativo di questo paragrafo della legge sui referendum. Questo eliminerà innanzitutto una strana anomalia dei referendum che anche chi non vota ha la capacità di annullare il referendum perchè di fatto diventa un voto senza aver affrontato le urne. Im passato per questa anomalia sono stati annullati referendum vinti anche al 90%, se non è un'anomalia del sistema democratico questa! In più l'atto di civiltà democrtica dei cittadini che affrontano i quesiti referendari, avranno la loro reale valenza politica per come si saranno espressi alle urne con un SI o con un
NO.
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