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Un Mondo Possibile

Un Mondo Possibile

Politica, Economia, Cultura e Democrazia Economica
Movimento per la Democrazia Economica
IL MOVIMENTO DEI MOVIMENTI IN COSTRUZIONE

sentimenti e ragioni in movimento

Le idee creano i modi di essere e di vivere individualmente e collettivamente. Le idee diventano ideologie nel momento in cui vengono coltivate nel quotidiano. Se uno coltiva l'idea del "me ne frego", diventa un menefreghista e quella è la sua ideologia. Se uno coltiva l'idea del denaro come fonte di ogni realizzazione e felicità diventa un egoista perchè passerà tutta la sua vita ad accumulare e la sua ideologia diventerà il capitalismo. Se coltiviamo l'idea del rifiuto dell'ideologia e contestiamo contro tutto e tutti ideologicamente siamo dei contestatori ma al contempo siamo degli ipocriti perchè professiamo un'ideologia: quella della protesta.

Provo a mettere in campo alcuni punti per fare chiarezza su un certo modo di pensare che a mio avviso invece di spingere il Movimento in avanti lo blocca nella staticità di vecchi schemi mentali.

IDEA E IDEOLOGIA.
L'inevitabilità dell'affermarsi di un'ideologia nel momento in cui non ci sono alternative è un dato di fatto. La sua sopravvivenza, la sua egemonia dipende dalla sua capacità di alimentare e controllare gli apparati sociali e le necessità della popolazione. L'Impero economico delle multinazionali è stato possibile ed inevitabile perchè è stata creata una sovrastruttura internazionale (i vari organismi WTO, FMI, BM, NATO, ecc.) che hanno permesso la loro espansione. L'Impero finirà quando si creerà un'antitesi che saprà proporre valori sociali, culturali più forti di quelli proposti dall'ideologia corrente: la globalizzazione economica neoliberista.
E' storicamente provato e non c'è nulla di scandaloso nel dire che dopo il crollo "dell'Impero" le cose andranno meglio perchè l'avvento di un nuova struttura sociale è il risultato della lotta tra il vecchio e il nuovo, tra la tesi e l'antitesi, tra due poli opposti. Si presuppone perciò che "il nuovo" che avanza sia basato sulla speranza di un reale cambiamento e miglioramento delle condizioni sociali ed economiche di tutti.

LA SPERANZA (UN ALTRO MONDO E' POSSIBILE)
Ci sono analisti ed opinionisti che sono hanno la tendenza a vedere "l'Impero" o i fenomeni sociali come se fossero "principi termodinamici" legati all'esistenza materiale. Nulla di più sbagliato. Essi oltre a coinvolgere processi fisici (materiali o economici), inglobano anche processi mentali e spirituali collettivi.
Noi, oggi, vediamo le aberrazioni e i disastri della globalizzazione economica predicata dall'Impero ma è la speranza di "un altro mondo possibile" che ci spinge a credere e lottare per il cambiamento dei valori che sostengono le strutture sociali ed economiche. Il sentimento della speranza è indispensabile per la creazione dei valori neo umanisti che dovrebbero guidare la società futura. Ma la speranza è fondamentalmente un processo mentale e in base alla capacità potenziale che riusciamo ad esprimere, otteniamo la forza per i processi di cambiamento. La speranza di un altro mondo possibile quindi, a livello potenziale, non ha limiti ed è proprio a causa di questa sua natura che non può essere relegata alla protesta del vecchio.

LA RABBIA E IL PESSIMISMO.
La protesta apre gli scenari della speranza quando si propongono delle alternative possibili e sostenibili altrimenti si sprofonda nella rabbia di subire le aberrazioni e le ingiustizie della globalizzazione economica. Un esempio può aiutarci a capire tali dinamiche di cambiamento sociale.
Le politiche della globalizzazione hanno prodotto fenomeni socio economici aberranti come l'aumento della povertà e della guerra che hanno come effetto l'immigrazione. L'immigrazione è a sua volta usata per abbattere i costi di produzione nei Paesi ricchi tramite l'uso e lo sfruttamento di mano d'opera immigrata reperibile a costi bassissimi. Contemporaneamente, i flussi migratori destabilizzano l'equilibrio, la stabilità e la sicurezza delle popolazioni occidentali. La spirale di violenza e irrazionalità continua ad alimentarsi nelle menti delle popolazioni sfociando nella paura "dell'immigrato in casa".
Una ledership irresponsabile, che ha come unica finalità ideologica il profitto materiale, manipola questa paura collettiva iniettando sentimenti xenofobi e odio per lo straniero. Le soluzioni che si danno al problema immigrazione non possono essere relegate all'accoglienza perché si rischia di passare sul terreno dell'ipocrisia. Deve essere compreso che i migranti fuggono forzatamente dalla povertà e dalle guerre e che nessuno di loro è contento di abbandonare la casa dove è nato, la propria cultura, i propri affetti. A mio avviso la risoluzione del problema immigrazione sta nel ricreare le condizioni di sussistenza economica nei Paesi di provenienza dei migranti.
L'autosufficienza economica, almeno per quello che riguarda le garanzia delle minime necessità, è indispensabile per questi Paesi. E poi, non è forse un dato storico che in Italia le migrazioni sono finite nel momento in cui è iniziato lo sviluppo economico? Forse sta proprio in questo l'egoismo del ricco occidente, non credere che processi di sviluppo si possano avviare in Africa, in America Latina o in Asia come lo è stato per l'Italia nel secolo scorso.
E' ineccepibile che nei Paesi ricchi si dovrà provvedere alla salvaguardia dei diritti di quella parte di migranti che il nostro Paese potrà integrare, ma se non vengono risolti i problemi economici di base dei Paesi poveri il fenomeno si ripeterà all'infinito destabilizzando anche la vecchia Europa. Quello di trovare nuovi sistemi socio economici sostenibili che garantiscano le minime necessità delle popolazioni dei Paesi poveri deve essere prioritariamente uno degli obbiettivi del "movimento dei movimenti".
La rabbia non cambierà le sorti dell'umanità anche se gli arrabbiati sono in aumento.

RAGIONE E SENTIMENTO
Invece è compito delle associazioni e dei singoli cittadini che lottano contro la globalizzazione economica, aprire nuovi spazi verso una nuova coscienza sociale. Questi processi sono già in corso ed incominciano ad avere un vasto eco nell'opinione pubblica. Le proteste, i cortei, le campagne d'informazione, i boicottaggi ecc. sono tutti strumenti usati allo scopo di rendere cosciente la gente dello stato in cui versa l'umanità intera. Ma quello che non si capisce è il perché all'interno del movimento si siano create delle spaccature così laceranti tra quelli che sostengono la presenza nelle piazze fotemente presenti all'interno dei Social Forum e quelli che sostengono le campagne di boicottaggio e d'informazione come la rete Lilliput.
Non vedo la contraddizione tra questi due differenti modi di approccio, semmai degli eccessi ambivalenti. Da una parte si confida troppo nell'idea che portare in piazza le masse, provocando una pressione politica possa essere il modo di cambiare la società. Dall'altra parte un eccessivo "puritanesimo non violento" che diventa un espediente per non sporcarsi con quelli che la pensano in maniera diversa.
Il primo eccesso sta nel pensare di sostituire con la protesta e la distruzione del neoliberismo la vecchia classe politica con una nuova che purtroppo ancora non esiste. Per ottenere un reale cambiamento socio economico, la nuova classe politica deve essere provvista di valori morali e di nuovi modelli su cui costruire i futuri sistemi sociali e questo ancora non è patrimonio dei movimenti di protesta. Non si mette in discussione il fatto che ci sono dei percorsi iniziati in questa direzione ma ancora non sono alternative chiare ed è questo uno dei motivi di stagnazione dei Social Forum.
Il secondo eccesso sta nel pensare che la non violenza sia il non reagire fisicamente e verbalmente alle provocazioni del potere precostituito. Sicuramente vanno denunciate le violenze da qualsiasi parte provengano ma adottare come mezzo di misura o di condanna la rottura delle vetrine di un Mc Donald come ha fatto Bovè mi sembra un utilizzo dogmatico del concetto.
Quello di mantenere in equilibrio la ragione: la razionalizzazione delle idee e delle azioni ed i sentimenti: il desiderio del cambiamento, la rabbia per le ingiustizie provocate dal neoliberismo è uno dei doveri di chiunque lotta e desidera una società neo umanista. Altrimenti mi viene il dubbio che invece del nuovo, ci stiamo avviando verso le vecchie logiche dello scontro ideologico.

Mi piace immaginare che tutti quanti insieme pensassimo che la migliore soluzione sia quella di preferire, in ultima istanza, l'obbiettivo per il quale tutti siamo concordi: un altro mondo è possibile, sperando che questo ci permetta di ritrovare l'unità indispensabile per la realizzazione di quest'obbiettivo.

2002-07-05 IL MOVIMENTO DEI MOVIMENTI IN COSTRUZIONE

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