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Crescita o decrescita? Questo è il problema!
Una nuova tendenza dei pensatori anticapitalisti

Alla crescita economica sfrenata, all'iperbolico aumento delle produzioni, al rapido consumo delle risorse del pianeta e alle relative distorsioni del mercato, fa eco una nuova tendenza: la 'decrescita economica'. Sia essa 'decrescita felice', che 'decrescita sostenibile' insomma, si vuole consumare meno, produrre meno beni industriali, aumentare il fai da te, aumentare i risparmi energetici. In poche parole frenare lo spreco di risorse, il loro cattivo e squilibrato utilizzo e una loro migliore distribuzione sul pianeta.

Sono i sostenitori di una nuova ondata di contro-tesi, all'andamento contraddittorio del mondo capitalistico, che si è acuito a causa delle recenti politiche di globalizzazione. Già nel 1971, Aurelio Peccei e Jay W. Forrester, ci mettevano in guardia sulla crescita esponenziale dell'uso delle risorse nel rapporto "I limiti dello sviluppo". Ebbene dopo i consigli del 'consumo critico', del metodo della 'sostenibilità' entrato a far parte del gergo economico comune e premessa di ogni pianificazione economica, ecco la ricetta della 'decrescita'.

Questa nuova idea è sostenuta da diversi autori. Maurizio Pallante  è un esponente della 'decrescita felice' che mira ad aumentare il baratto fra le persone, anche se questo potrebbe far diminuire il PIL, la produzione e i consumi per riportarli alle reali esigenze della popolazione.
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Serge Latouche sostiene: "la decrescita è uno slogan provocatorio necessario, anche se non si tratta di far decrescere tutto"...  "Qui non si tratta soltanto di decelerare come molti sostengono, ma di cambiare decisamente strada, di prendere un altro treno, di inventarsi davvero una società di decrescita sostenibile, equa, giusta. ...viviamo nella logica diabolica del sistema capitalista, nel quale il denaro serve essenzialmente per fare altro denaro".

Scrive De Marinis: "Il punto di partenza é: non può esserci crescita infinita su un pianeta finito. Un'economia sana - sostengono Bruno Clémentin e Vincent Cheynet, autori di "La décroissance soutenable" (La decrescita sostenibile) - come minimo non deve intaccare il capitale naturale, che oggi non può più essere considerato inesauribile come nei modelli teorici ottocenteschi. Il nostro patrimonio globale è fatto, ad esempio, di riserve energetiche e di capacità dell'ecosistema di riassorbire i fattori inquinanti: quanto è già stato irrimediabilmente compromesso? Quanto ancora potremo vivere di rendita?"

Giorgio Nebbia: "Dopo le mode dell''ecologia' e della 'sostenibilità', adesso è arrivata la "decrescita" che rischia di diventare anch'essa una moda, bandiera di una nuova ondata di movimenti ecologisti, un po' come nuova contestazione dell''economia' che ha la crescita come suo dogma, un po' come aspirazione romantica ad una vita semplice e amorevole".  (da Crescita e decrescita)

L'approccio individuale alla decrescita dei consumi e della produzione è simile alla frugalità francescana e ad uno dei princìpi morali della tradizione indiana detto Aparigraha: "vivere con il minimo indispensabile", per permettere a tutti di vedere soddisfatti i bisogni fondamentali.

Dal punto di vista oggettivo la 'decrescita' è un monito a razionalizzare le produzioni e i consumi, ma per raggiungere l'obiettivo di una società più giusta, si dovrebbero modificare non solo le abitudini e le regole ma, fondamentale, i presupposti culturali del capitalismo espressi nell'edonismo integrale. Secondo Ac. Krtashivananda,: "A causa delle sue premesse psicologiche, presenti nei valori dell'edonismo integrale, l'epoca industriale ha fallito gli obiettivi di produzione illimitata, libertà assoluta e felicità senza restrizioni. La cultura edonistica integrale postula:
· La felicità può essere realizzata dal soddisfacimento dei desideri materiali o sensuali
· Per soddisfare questi desideri devono essere incoraggiati l'egoismo, l'avidità e l'egocentrismo.
Questi fattori, nella credenza edonistica, condurranno all'armonia e alla pace. E' noto a tutti che l'edonismo integrale è la filosofia delle persone ricche e che è stata adottata dai neoliberisti. Non possiamo aspettarci che sotto l'influenza di queste premesse psicologiche le oligarchie economiche cambino il loro sistema. E allora che fare? In termini economici il buon senso ci suggerisce un sistema economico che dia la garanzia delle minime necessità per tutti. E' anche chiaro che la ricchezza materiale non è illimitata."

La 'decrecita' non è una teoria socio-economica che possa sostituire l'attuale sistema, ma una tendenza accettabile sul come affrontare i problemi economici. Sorge spontanea una domanda: allora vi sarebbe da qualche parte in questo mondo, un esempio di applicazione di queste pratiche, privo degli effetti perniciosi del capitalismo edonistico e dello sviluppo illimitato?
Un esempio maturo sembra essere il progetto originario delle cooperative Mondragon dei Paesi Baschi: 70.000 persone occupate in 160 cooperative. Proprietarie dell'azienda in cui lavorano. Una testa un voto. Differenze tra i redditi in un rapporto tra 1 e 6, 10% degli utili devoluti a scopi sociali. Reddito pro-capite più alto in Europa fino al 1990. Il capitale come strumento di sviluppo, non obiettivo dell'esistenza. Una finanziaria coop, che realizza i servizi mutualistico e pensionistico, non concessi dal Governo spagnolo. Banche coop., supermercati coop, aziende di robotica, ricambi, agricole, commerciali tutte coop. Un'Università e un Centro di Ricerca di eccellenza. Le cooperative Mondragon, in uno studio di Betsy Bowman e Bob Stone (1), sono state ritenute più efficienti e performanti delle aziende capitaliste. Sono nate dal pensiero di Arizmendarrieta, un religioso che ha ridisegnato i fondamenti culturali di una economia socializzata: nessun povero, nessun super-ricco, tutti benestanti.

1. Betsy Bowman and Bob Stone - Cooperativization on the Mondragón Model As Alternative to Globalizing Capitalism - ©2005 GEO, Riverdale, MD 20738-0115 http://www.geo.coop

2006-11-20 Tarcisio Bonotto

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