Il Mercato del lavoro
Abbiamo precedentemente accennato che l'interconnessione tra la domanda e l'offerta è determinata da una dipendenza inscindibile tra la produttività da una parte e salari ed occupazione dall'altra. Seppure si è unanimemente concordi nell'accettare che la piena occupazione o la tendenza alla piena occupazione sia un beneficio per l'economia, non tutti sono d'accordo nel considerare l'aumento salariale un benessere per il sistema economico. Anzi, tutt'altro, l'opinione più diffusa è che se i salari aumentano, le aziende, e quindi l'economia, perdono di competitività. Partendo da questa affermazione le organizzazioni degli imprenditori, per ottenere una maggiore competitività nel mercato globale, richiedono la riduzione dei costi della manodopera sotto forma di flessibilità del mercato del lavoro che, in ultima analisi, corrisponde ad una riduzione dei salari.
Questa opinione accettata quasi in maniera uniforme dagli economisti è senz'altro un toccasana per i grandi imprenditori, un po' meno per gli imprenditori medi. Ma è un'autentica disgrazia per i piccoli imprenditori e lavoratori autonomi che prestano manodopera o servizi ad altre aziende più grandi, i quali, compressi da questa logica, si trovano ad avere dei redditi pari ai salariati dipendenti. Anche i lavoratori dipendenti subiscono questa condizione di pressione salariale causata dalla richiesta delle aziende di maggior competitività. Questi ultimi, se sommati ai piccoli lavoratori autonomi, sono la stramaggioranza della popolazione che è costretta a lavorare a condizioni socio ambientali ed economiche sempre peggiori.
Le politiche del lavoro intraprese in questi ultimi decenni sono state la vera causa dell'inflazione e di altri fenomeni di destabilizzazione economica. Seppur nel medio e corto periodo, il sacrificio costante di milioni di persone porta ad un apparente crescita economica, alla lunga, la liberalizzazione del mercato del lavoro, con le sue varianti di flessibilità e di mobilità, porta a disastrosi effetti economici e sociali. Guardando all'esperienza degli Stati Uniti, nazione che più di altre ha usato tale strategia e che esporta in tutto il mondo il suo modello economico, le conseguenze delle sue politiche del lavoro hanno creato, nel 2001, 2 milioni di disoccupati (la stima ufficiale è 1.956.876). Considerando che i fatti dell'11 Settembre hanno velocizzato questo processo di licenziamenti in massa (se si stima il ritmo dei licenziamenti ante "Torri Gemelle" l'aumento è stato solo del 20%) questo fatto è disastroso ed esclude a priori una veloce ripresa dei consumi che rappresentano i 2/3 dell'economia USA.
Anche il sistema della globalizzazione economica, controllata dai gruppi multinazionali, ha fallito nelle sue politiche di aumento dell'occupazione. Le 200 più grandi multinazionali che controllano il 25% delle attività economiche a livello globale occupano 1% della forza lavoro mondiale (dati UNDP-HDR, 1999)
I salari o il reddito determinano il potere d'acquisto. Quindi a fronte di un maggiore potere d'acquisto corrisponde un maggior accesso ai consumi e agli investimenti. Detto ciò la logica ci insegna che se noi comprimiamo, non lasciamo fluttuare la crescita del potere d'acquisto della maggior parte della popolazione, rallentiamo la domanda mettendo a rischio l'equilibrio dell'intero apparato economico.
Il mercato del lavoro è uno degli elementi fondamentali per constatare la salute di un'economia. Ad una richiesta di lavoro di solito corrispondono: necessità di aumento della produzione e nuovi salari, quindi maggiori possibilità di accesso ai consumi.
In un'economia in salute, i salari sono la maggior fonte di domanda. Quindi il mantenimento di un alto tasso di occupazione e una buona tenuta dei salari permetterà alle persone di incentivare i consumi. Se i salari sono la principale fonte della domanda, la produttività lo è per l'offerta. Se la domanda stimolata dal buon andamento dei salari è forte, di conseguenza, la produttività deve essere aumentata. Ma nel mercato attuale questa logica è ben lontana dall'essere seguita. In questi ultimi anni abbiamo visto che al forte aumento della produttività è corrisposto un repentino abbassamento dei salari reali, sostituito dalla creazione di una "domanda artificiale". Questa operazione ha portato ad una forte disparità economica ed ad una forte concentrazione del valore della ricchezza, due cose che, come analizzato precedentemente, un sistema economico deve assolutamente evitare, pena l'avvento di situazioni recessive o ancor peggio depressive.
L'aumento del potere d'acquisto.
Secondo il Prout, l'ampliamento ed il mantenimento dei cicli di crescita economica si possono ottenere applicando "la legge dell'aumento del potere d'acquisto di ogni individuo". L'aumento del potere d'acquisto costituisce il fattore di controllo in un'economia proutista. Questo fattore determinante non è mai stato tenuto in debita considerazione dalle teorie economiche fino ad oggi conosciute con il risultato che intere economie, nel passato e tuttora, rischiano il tracollo.
Va creato un equilibrio o Prama tra la produttività ed i consumi e l'elemento che lo stabilisce è l'aumento del potere d'acquisto. Quindi la produttività, se vuole mantenere il ritmo con la domanda dei consumi, deve camminare di pari passo con l'aumento del potere d'acquisto delle persone. Per essere più precisi: se stabiliamo un livello di aumento della produttività su base annua uguale a 100, il livello di aumento del potere d'acquisto o del reddito, sempre su base annua, sarà di 100, il quale sarà sufficiente a sostenere la domanda. La tendenza della pianificazione economica verso il mantenimento di questo Prama porterà automaticamente alla massimizzazione della produttività.
La crescita costante del potere d'acquisto delle persone, il mantenimento dello stato di piena occupazione, se concertato con una sufficiente competitività delle aziende nel contesto del mercato interno (o nazionale), impedirà qualunque accenno di inflazione.
I salari e più in generale i redditi delle persone devono essere incentivati dall'aumento della produttività. Questo non solo permetterà il mantenimento di un ciclo virtuoso dell'economia ma garantirà una maggior distribuzione della ricchezza, elemento determinante per stabilire la Democrazia Economica.
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