Un Mondo Possibile

Un Mondo Possibile

Politica, Economia, Cultura e Democrazia Economica
Movimento per la Democrazia Economica
ultime ricerche
ravi batra
tarcisio bonotto
nuovo ordine mondiale
... altre ricerche ...
Home > Approfondimenti > Verso la Democrazia Economica > Il "principio naturale" della domanda e dell'offerta
RSS Atom stampa
Home
Eventi
Treviso
Massima Utilizzazione
Ecologia
Politica
Economia
Cucina non violenta
Cultura
Editoriali
Libri
Lettere
Approfondimenti
Cambiamenti climatici
Mailing list
MENSCHLICHE WELT
Link
Download
Contatti
Indice per titolo
Indice per data
Indice per autore

Eventi
<< Dicembre 2024 >>
Lu Ma Me Gi Ve Sa Do
 1
2345678
9101112131415
16171819202122
23242526272829
3031 
Il "principio naturale" della domanda e dell'offerta

Fin qui abbiamo detto che il primo passo verso la Democrazia Economica è quello di garantire il fabbisogno minimo e che la teoria Prout dà alcuni strumenti per raggiungere tale obbiettivo:

un concetto di crescita basato sulla considerazione dello status reale di ogni singolo individuo attraverso il potere d'acquisto individuato dal reddito reale;

l'introduzione dell'economia popolare come strumento fondamentale per lo sviluppo delle economie povere o in via di sviluppo;

la localizzazione economica che predilige lo sviluppo del mercato interno in funzione di una maggior stabilità economica.

In realtà questo processo di razionalizzazione delle necessità economiche dell'essere umano è riferito all'unico vero "fondamentale" dell'economia e cioè il meccanismo della domanda e dell'offerta. Fin dagli albori delle prime civilizzazioni, questo "principio naturale" ha avuto il suo ruolo primario nell'approvvigionamento delle necessità di base dell'essere umano. Si sono succedute diverse forme di scambio: tramite il sistema del baratto e di differenti sistemi monetari ma questo "fondamentale" è sempre stato e sempre sarà il motore dell'economia. Tutti i sistemi economici fin qui conosciuti si sono dovuti confrontare con questa legge economica. L'interconnessione e la reciproca dipendenza della domanda e l'offerta è riconosciuta da tutti. Nella sua funzione naturale la legge della domanda e dell'offerta procede in questa maniera:

1. La domanda è stimolata dai consumi che dipendono dai salari cioè dal potere d'acquisto delle persone.

2. L'offerta è stimolata dalla produzione di beni e servizi che le aziende riescono a produrre.

La logica ci porta a dire che maggiore è il potere d'acquisto delle persone maggiore sarà la loro accessibilità ai consumi e quindi le aziende avranno la possibilità di aumentare la produzione di merci e servizi con conseguente aumento dell'occupazione e degli investimenti (In questo caso parliamo di investimenti produttivi delle aziende come ad esempio l'acquisto di un macchinario o di tutto quello che serve per aumentare la produzione). Questi tipi di investimenti sono il contributo delle aziende al consumo.

Da ciò si può affermare, che interconnessione tra la domanda e l'offerta è determinata da una sorta di dipendenza tra produttività da una parte e salari e occupazione dall'altra, dove questi ultimi determinano il potere d'acquisto delle persone.

Fin qui abbiamo parlato di logica del "principio naturale" della legge della domanda e dell'offerta che porta allo sviluppo e alla crescita di un'economia. Questo meccanismo lo troviamo nei periodi di maggior sviluppo dei sistemi economici dove l'offerta è trainata dall'aumento della domanda e viceversa. Esempi storici dell'applicazione di questo meccanismo sono lo sviluppo di economie come quella italiana, tedesca e giapponese degli anni sessanta dove l'aumento della produzione era corrisposto ad un aumento dell'occupazione e dei consumi.

Quando si crea una sorta di "equilibrio naturale" tra la domanda e l'offerta dovuta ad una reciproca alimentazione, si creano i presupposti per una crescita continua e duratura. Ma nella storia dell'economia non sempre è stato così, anzi nell'era contemporanea questa situazione di costante equilibrio è una rarità. Piuttosto gli esperti hanno creato dei surrogati per mantenere questo equilibrio facendo ricorso ad una "domanda artificiale".

La domanda artificiale.

Per "domanda artificiale" si intende quando persone, aziende o intere economie vivono al di sopra dei propri mezzi indebitandosi. La spesa così generata viene detta "artificiale" e cioè che non può durare per sempre perché prima o poi i debiti vanno pagati.

Ci sono tre tipi di domanda artificiale:

1) generata dall'indebitamento privato
2) generata dall'indebitamento pubblico o dello Stato
3) generata dall'avanzo o dal deficit commerciale con l'estero.

1. Il peggior tipo di domanda artificiale si configura quando una persona, un'azienda o un intero Paese prende continuamente a prestito denaro per finanziare i consumi correnti. Quando gli investimenti delle aziende non sono direttamente stimolati dalle vendite delle merci prodotte ma si ricorre ad un continuo indebitamento per sostenere la spesa corrente, si va incontro al rischio di fallimento di queste attività altamente indebitate.

Queste situazioni nel sistema globalizzato sono favorite da una politica degli investimenti che predilige il collocamento in borsa dei proventi perché diventa un'operazione più remunerativa. Però questo porta gli imprenditori a scelte irrazionali e altamente speculative che, nel tempo, si trasformano in autentiche crisi economiche di proporzioni mondiali. Questo tipo di indebitamento è diffuso anche tra i semplici cittadini che invece di vivere del proprio salario prodotto dal lavoro chiedono prestiti in banca per investire nei mercati finanziari. Purtroppo, nel sistema dell'economia globalizzata, questo non è l'unico tipo di indebitamento a cui i cittadini devono ricorrere. Molte volte, soprattutto quando i salari non sono sufficienti a coprire le necessità primarie, le persone sono costrette ad indebitarsi chiedendo soldi a strozzini e usurai per aver accesso a questo tipo di consumi.

In realtà l'indebitamento è una prassi normale di tutte le economie ma il convivere permanentemente con l'indebitamento privato su larga scala porta a pericolosi squilibri che generano fallimenti, crac finanziari e l'impoverimento di milioni di persone.

Gli USA sono un esempio di questo tipo di pericoloso indebitamento causato dalla domanda artificiale. Gli Stati Uniti sono in recessione e il fardello dell'indebitamento privato è una delle cause che deprime la ripresa dei consumi e quindi dell'intero sistema economico. Questo tipo di indebitamento è stata la maggiore causa del crac economico dei Paesi del sud est asiatico del 1997-'98.

2. Il deficit di bilancio dello Stato finanziato tramite un ulteriore indebitamento è un altro esempio di domanda artificiale. Quando la spesa di uno Stato non è pareggiata dalle entrate fiscali, e questa situazione si protrae nel tempo, si arriva ad accumulazioni del debiti insopportabili per l'intera economia. Quando il debito pubblico diventa alto, l'intero sistema diventa poco credibile ed instabile cosicché, lo Stato, per sostenere la spesa ed il bilancio deve aumentare le entrate tassando i cittadini o tagliare le uscite, spesso privandoli dei servizi basilari.

L'Italia è un esempio di questa trappola, dove lo Stato è fortemente condizionato nelle sue scelte di politica economica, facendo subire alla popolazione continui aumenti fiscali e tagli consistenti alla spesa per servizi importanti come la scuola e la sanità. Questo tipo di indebitamento è addirittura catastrofico quando il creditore è estero. Le recenti sommosse popolari dell'Argentina ridotta alla fame perché costretta dal FMI a pagare i suoi debiti con i creditori esteri ne è un esempio eloquente: la depressione economica è inevitabile per le nazioni sprofondate nell'indebitamento estero.

3. Il tipo di domanda artificiale creata tramite il deficit o l'avanzo commerciale con l'estero è un'altra causa di squilibrio all'interno di un'economia. Nel caso di deficit commerciale estero un'economia si trova a soddisfare la domanda con i prodotti provenienti dalle sue importazioni diminuendo automaticamente la sua capacità produttiva e di conseguenza l'occupazione e gli investimenti nel suo territorio. In questa maniera si ha un peggioramento delle condizioni dei lavoratori che si trovano a subire continue pressioni salariali e ristrutturazioni aziendali. Gli Stati Uniti sono stati i promotori di questa politica economica fratricida ed ora pagano il loro forte deficit commerciale con una recessione economica. Le politiche di delocalizzazione produttiva e una continua liberalizzazione del mercato hanno creato forti squilibri interni, ed ora, per far fronte alla crisi sono costretti ad imporre forti dazi sulle merci importate (esempio l'acciaio o certi prodotti alimentari) per difendere dal fallimento le poche produzioni rimaste nel Paese.

In un contesto di deficit commerciale, anche lo Stato subisce tale situazione in quanto si trova ad avere meno entrate dal fisco.

La condizione di avanzo commerciale è un altro tipo di inconcepibile squilibrio economico che nel medio periodo deve fare i conti con le leggi naturali della domanda e dell'offerta. Innanzitutto questo tipo di condizione presuppone che ad un proprio avanzo commerciale corrisponda un deficit di qualche altro Paese.

Come abbiamo precedentemente affermato la dipendenza economica di un Paese da un altro porta a conseguenze negative per la popolazione annullando di fatto le leggi del libero mercato.

Un esempio per tutti è l'andamento dell'economia giapponese negli anni '90 che ha generato un enorme avanzo commerciale. Se questo fosse stato un fatto positivo per la sua economia come mai è da più di dieci anni che sta lottando per lasciarsi alle spalle un'interminabile fase recessiva? Basare la propria economia sulla domanda estera non risolve i problemi economici del proprio Paese quando in parallelo aumenta l'indebitamento dello Stato, delle aziende, dei singoli consumatori, cosa successa in Giappone in questo ultimo decennio. Il Giappone oggi si trova a fare i conti con questi numeri: nel 2001 sono fallite diciannovemila imprese, il numero più alto dal 1984; la disoccupazione al 5,6% record degli ultimi cinquant'anni; sempre del 2001 la produzione manifatturiera è crollata del 8% la più bassa dal 1975; la deflazione è fra il 3-4%. In Giappone, la forte esposizione finanziaria del sistema bancario, ha portato al tragico Crac del 1997 con il fallimento di migliaia di aziende e il conseguente aumento della disoccupazione, nonché una compressione del potere d'acquisto. Dopo il Crac lo Stato è intervenuto a sostegno della domanda interna (un altro scellerato caso di domanda artificiale) con fortissimi investimenti, tanto da creare un debito pubblico di "proporzioni italiane"! Il debito pubblico giapponese si sta avvicinando al 140% del PIL.

L'indebitamento, in economia, è una prassi possibile quando è sufficientemente coperto. Invece negli ultimi decenni, l'economia ha corso dietro ai debiti, indebitandosi ulteriormente per far fronte ai vecchi deficit, innescando una spirale senza fine. Questo scellerato espediente della domanda artificiale è servito per mantenere a galla l'economia globale ma con il risultato che oggi il sistema naviga in un mare di debiti. Sembra che nessuno abbia pensato alla regola fondamentale del debito e cioè che esso prima o poi va pagato! Le recenti bancarotte della multinazionale Ernon e dell'Argentina, causate dal peso del debito, non possono essere considerati dei casi isolati, sfuggiti di mano agli strateghi della globalizzazione. La sistematica distruzione dell'equilibrio naturale della domanda e dell'offerta ha sicuramente generato lo stato di insolvenza di altre grandi aziende e di interi Stati Nazionali, con il pericolo che si inneschi un effetto domino capace di coinvolgere l'intero sistema. In ogni caso, anche se questa ipotesi non risultasse vera, prima o poi il problema del debito verrà a galla e scoppierà con una potenza pari alle sue contraddizioni: a questa legge naturale non si scappa.

La legge della domanda e dell'offerta e Prama.

A questo punto è ovvio chiedersi se si possa ottenere una condizione di equilibrio e di crescita duratura nel tempo, che soprattutto permetta alle popolazioni di uscire da situazioni di recessione o depressione causate dalle anomalie dell'attuale teoria economica. Nel suo corso naturale l'economia ha situazioni di rallentamento. È quindi necessario rinnovare l'applicazione della legge della domanda e dell'offerta in modo che le popolazioni non subiscano le conseguenze traumatiche di repentine cadute economiche.

Nella teoria Prout per mantenere questo andamento naturale dell'economia si applica il concetto di Prama.

Secondo il suo ideatore P.R. Sarkar, il significato della parola sanscrita Prama si avvicina all'insieme dei termini bilanciamento (come eguaglianza di peso), equilibrio (come eguaglianza di forze) ed armonia. Prama significa, quindi, armonia complessiva, un equilibrio dinamico, sempre in mutamento ma sempre bilanciato.

PRAMA è un concetto filosofico universalmente applicabile, non soltanto nel campo economico ma in generale su tutti i livelli di esistenza sia essa materiale, mentale o spirituale. Prama insegna a ristabilire l'equilibrio ogni volta esso viene a mancare.

Una caratteristica essenziale di Prama è la sua natura dinamica. Lo stato di Prama non è statico ma in continuo movimento perché si adegua ai cambiamenti. Esso si applica tanto alla dimensione individuale quanto a quella collettiva.

Un piccolo breve esempio: la struttura più stabile che esista è il triangolo. Ogni qualvolta che tre o più forze si trovano ad agire, la disposizione stabile finale è normalmente un triangolo di forze ed è questo in sostanza il ruolo di Prama: creare delle strutture bilanciate di forze in modo che si crei continuamente equilibrio.

Nel campo economico ha innumerevoli applicazioni, ma è di fondamentale importanza per quanto riguarda il mantenimento dell'equilibrio naturale tra la domanda e l'offerta. In questo caso Prama può essere stabilito creando un triangolo di forze tra la domanda, l'offerta e la massima utilizzazione delle risorse naturali di un determinato luogo (per risorse naturali si intendono tutte quelle materie prime che troviamo in una determinata zona, ad esempio l'acqua, i tipi di terreno, il tipo di clima, le fonti di energia, i minerali da poter estrarre, le materie prime da poter lavorare in loco, ecc.).

Il ruolo dello Stato e la massima utilizzazione delle risorse.

Nel sistema economico Prout uno dei ruoli che si dà allo Stato è quello di procurare tutte le risorse naturali necessarie alle aziende private per avere la massima capacità produttiva. Lo Stato dovrebbe detenere il controllo delle industrie su larga scala, produttrici di materie prime e di energia in un regime di non perdita e non profitto, in maniera da garantire alle aziende le materie prime e l'energia al prezzo nazionale più vantaggioso.

In questo caso, massima utilizzazione significa che lo Stato, non solo si deve preoccupare di trovare le materie prime necessarie per produrre tutto ciò che serve a soddisfare la domanda interna, ma anche di usare la ricerca e le innovazioni tecnologiche per comprimerne il prezzo in maniera da rendere sempre più competitive le aziende. Alla stessa maniera lo Stato si dovrebbe adoperare per trovare sempre nuove fonti energetiche e nuove materie prime di modo che oltre alla competitività aumentino la qualità e la sicurezza della vita.

In questi ultimi anni abbiamo visto spostarsi dall'amministrazione pubblica ai privati le società produttrici di energia elettrica, chimica, acciaio, ecc. Ma questo non ha prodotto in realtà nessun beneficio né ai lavoratori né ai consumatori. Due esempi per tutti sono le aziende private dell'energia elettrica in California e le ferrovie inglesi nate da privatizzazioni di aziende precedentemente gestite dallo Stato. Con la privatizzazione sono aumentati i costi al consumo dei servizi che queste aziende offrivano al pubblico, è diminuita l'occupazione e sono peggiorate le condizioni di lavoro degli occupati. Non solo, il continuo risparmio sugli investimenti di manutenzione e potenziamento dei servizi stessi a favore di una continua massimizzazione dei profitti ha portato a continue sospensioni e razionamento dell'energia elettrica per una delle più ricche zone del mondo, la California. Ad una delle società inglesi che hanno ereditato la gestione delle ferrovie è andata ancora peggio in quanto ha dovuto dichiarare fallimento. Va ricordato che dopo la privatizzazione delle ferrovie inglesi la sicurezza delle stesse ferrovie è diminuita a causa della diminuzione degli investimenti sulla manutenzione e sul personale, causando un aumento degli incidenti ferroviari. In questi ultimi anni si sono verificati i più disastrosi incidenti della storia delle gloriose ferrovie inglesi con la morte di decine di persone. E' vero che le privatizzazioni portano denaro alle casse dello Stato, ma non esistono casi in cui alle vendite corrisponde una diminuzione del deficit pubblico. Invece, a fronte di un aumento dei disservizi e dei prezzi al consumo di merci e di servizi, corrispondono fortissimi profitti per gli azionisti di maggioranza ed i manager delle aziende privatizzate.

E' diffuso il sistema di importare da altri Paesi le materie prime. Questa è una pratica usata soprattutto dai Paesi ricchi a discapito dei Paesi poveri o in via di sviluppo e questo non permette una stabilità di Prama nel caso della domanda e dell'offerta. In primo luogo si impoveriscono i Paesi produttori di materie prime. Anche se all'apparenza le esportazioni aumentano le entrate di capitali esteri, sarebbe più remunerativo ed economicamente più conveniente sfruttare le materie prime per produrre in loco prodotti finiti ed eventualmente esportarli. In secondo luogo, le materie prime provenienti dall'estero provocano danni anche per l'occupazione nel Paese importatore.

Benché nel sistema Prout le attività gestite dallo Stato tendano alla riduzione dell'occupazione in favore dell'uso di tecnologie per mantenere il più basso possibile il prezzo delle materie prime, la fetta degli occupati è ugualmente consistente. Inoltre le aziende statali che controllano la materie prime, visto che sono delle attività senza fini di lucro, sono al servizio dell'intero apparato produttivo e commerciale che è, in diverse forme, completamente privato e quindi il problema della statalizzazione del sistema economico non si pone neanche. Si potrebbe invece parlare di maggiore possibilità di concorrenza e competitività delle aziende visto che tutte ricevono le materie prime allo stesso prezzo indipendentemente dalla loro dimensione. Questo, oggi, grava molto sui costi di produzione dato che piccole aziende artigiane sono costrette a competere con aziende multinazionali anche sul prezzo delle materie prime, cosa improponibile in una reale situazione di libero mercato.

Lo sforzo della teoria Prout, come abbiamo precedentemente affermato, si concentra sullo sviluppo dell'economia locale e il Prama - domanda, offerta, risorse naturali locali - ha l'obbiettivo della massima utilizzazione delle potenzialità economiche di qualsiasi zona socio economica sia essa l'Italia o l'Argentina, la Francia o la Somalia, le Filippine o di qualsiasi altra zona di questo pianeta. Questo tipo di equilibrio non solo porta all'aumento della ricchezza e del reddito pro capite ma rende più sicura e stabile l'economia di un Paese. Nel nostro sistema non si richiede la nazionalizzazione dell'economia ma lo sviluppo delle potenzialità economiche di una determinata zona. L'Italia, insieme ad altri Paesi fa parte dell'Unione Europea. Questo è sicuramente un vantaggio per l'economia perché esiste una moneta unica ed altri parametri che rendono i vari Paesi equiparabili e sullo stesso piano economico. Nel sistema Prout, quando due o più unità socio economiche raggiungono un alto grado di uniformità economica, è naturale la fusione in unità più grandi perché questo accresce le possibilità di mercato delle singole unità. Nonostante all'interno della UE si siano raggiunte delle sufficienti uniformità, questo processo non si può dire concluso anzi ancora molti passi devono essere fatti. E' invece al momento improponibile l'annessione alla UE di Paesi dell'est Europa (Polonia, Ungheria, Slovenia, Croazia, ecc.) perché il divario di sviluppo economico è troppo ampio e la loro ammissione provocherebbe una maggior instabilità occupazionale e salariale nei Paesi già comunitari e una dipendenza dal mercato estero dei Paesi sopra citati. Invece sarebbe più logico che l'UE si preoccupasse, anche tramite investimenti, che questi Paesi sviluppino autonomamente il Prama - domanda, offerta, risorse naturali - seguendo l'esempio dell'Italia del boom economico degli anni '60, per poi eventualmente includerli nell'UE.

Il rapporto di dipendenza subalterna di un'economia sull'altra crea inevitabilmente le fondamenta per lo sfruttamento. Quindi l'equilibrio economico o Prama economico è indispensabile per il benessere delle popolazioni locali. Questo sarà un ulteriore passo verso la Democrazia Economica.

2006-08-30 Dante Nicola Faraoni


Iscriviti alla Mailing List


annunci pubblicitari





Edicola.org
Capitalismo, Comunismo e Democrazia Economica Notiziario di Cultura Proutista