Amartya Sen, Premio Nobel 1998 per l'economia si è imposto negli ultimi decenni come una delle voci più originali nel dibattito sul liberalismo e sulle teorie della giustizia sociale. Secondo Sen il valore della libertà che deve essere presa sul serio, ossia bisogna metterlo in relazione con un altro valore fondamentale: l'eguaglianza.
Rendendo il fattore umano centrale rispetto ai fenomeni economici, Sen rinnova l'analisi sulle disuguaglianze e sulla globalizzazione. Egli parte da un esame critico dell'economia del benessere, che lo porta fra l'altro alla definizione di un indice di povertà che viene largamente usato in letteratura : l'HDI, Human Development Index, ossia il coefficiente di misurazione del grado di sviluppo. Questo introduce nuovi parametri per valutare la reale ricchezza di un Paese: aspettativa di vita, alfabetizzazione degli adulti, distribuzione del reddito.
Sen ha sviluppato così un approccio radicalmente nuovo nella teoria dell'eguaglianza e delle libertà.
La discussione sulla disuguaglianza, viene letta in una nuova direzione che si contrappone a quelle tradizionali e prevalenti [la parte finale di questo paragrafo è Tratta da un articolo a cura di Diego Fusaro su
http://www.filosofico.net/amartyasen.htm ].
L'idea di disuguaglianza (inequality) deve secondo Sen confrontarsi con due diversi ostacoli:
a) la sostanziale eterogeneità degli esseri umani;
b) la molteplicità dei punti focali a cui la disuguaglianza può essere oggetto di valutazione.
Al di là della potente retorica dell'uguaglianza, per cui "tutti gli uomini nascono uguali", rimane la convinzione che gli individui siano del tutto diversi gli uni dagli altri e che dunque, il pur ambizioso progetto egualitario, debba muoversi sulla base di una preesistente e robusta disuguaglianza.
"Sen è d'altro canto convinto che la misurazione della disuguaglianza dipenda dalla variabile focale (felicità, reddito, ricchezza, ecc) attraverso cui si fanno i confronti: la misurazione della disuguaglianza dipende cioè dai parametri assunti per definirla. La prima conseguenza di ciò sta nel fatto che, se tutte le persone fossero identiche, l'eguaglianza in una sfera (ad esempio nelle opportunità o nel reddito) tenderebbe ad essere coerente con eguaglianze di altre sfere (ad esempio, l'abilità di funzionare). Ma poiché le persone non sono affatto identiche, ma anzi vige un'assoluta "diversità umana", ne segue che l'eguaglianza in una sfera tende a coesistere con disuguaglianze in altre sfere: così, ad esempio, redditi uguali possono coesistere con una forte disuguaglianza nell'abilità di fare ciò che si ritiene importante (un sano e un malato, pur avendo lo stesso reddito, non possono fare le stesse cose), ecc. La seconda conseguenza fondamentale scaturente dal fatto che la misurazione della disuguaglianza dipende cioè dai parametri assunti per definirla sta nel fatto che la disputa non si innesta tanto fra egualitari e anti-egualitari, giacché tutte le più importanti teorie etiche degli assetti sociali sono comunque favorevoli alla "eguaglianza di qualche cosa" (e infatti nelle loro scelte politiche tendenzialmente egualizzano una qualche dimensione della vita umana). Una prova di ciò sta nel fatto che anche le teorie considerate tradizionalmente come "anti-egualitarie" finiscono poi per essere egualitarie nei termini di qualche altro "punto focale". Così l'iper-liberale Nozick rigetta tout court l'eguaglianza di reddito e di benessere, ma di fatto difende strenuamente l'eguaglianza di libertà (tutti gli individui sono parimenti liberi)."
Per poter parlare di eguaglianza occorre preventivamente porsi il duplice quesito:
a) "perché eguaglianza?"
b) "eguaglianza di che cosa?"
Non si può difendere l'eguaglianza o di criticarla senza sapere quale sia il suo oggetto, le caratteristiche da rendere uguali (redditi, ricchezze, opportunità, libertà, diritti, ecc).
"Interrogarsi sull'uguaglianza significa dunque innanzitutto interrogarsi su quali siano gli aspetti della vita umana che debbono essere resi eguali. La storia della filosofia ci offre una molteplicità di esempi diversi di soluzioni: Rawls descrive l'eguaglianza come un paniere di beni primari di cui tutti gli individui dovrebbero disporre; Dworkin come eguaglianza di risorse; gli utilitaristi come eguale considerazione delle preferenze o delle utilità di tutti gli individui. Quale, tra queste, è la soluzione migliore? Sen collega il valore eguaglianza al valore libertà: quest'ultima è da lui connessa ai concetti di "funzionamenti" e "capacità". [...] Con l'espressione funzionamenti (functioning) Sen intende "stati di essere e di fare" dotati di buone ragioni per essere scelti e tali da qualificare lo star bene. Esempi di funzionamenti sono ad esempio l'essere adeguatamente nutriti, l'essere in buona salute, lo sfuggire alla morte prematura, l'essere felici, l'avere rispetto di sé, ecc. Con l'espressione capacità (capabilities) Sen intende invece la possibilità di acquisire funzionamenti di rilievo, ossia la libertà di scegliere fra una serie di vite possibili: "nella misura in cui i funzionamenti costituiscono lo star bene, le capacità rappresentano la libertà individuale di acquisire lo star bene". Per questa ragione, Sen sottopone a critica tutte quelle teorie che fanno della libertà un qualcosa di meramente strumentale, privo di valore intrinseco: gli stessi Dworkin e Rawls hanno soffermato la loro attenzione più sui mezzi e le risorse che portano alla libertà che non sull'estensione della libertà in se stessa. I "beni primari" di cui dice Rawls e le "risorse" di cui scrive Dworkin sono agli occhi di Sen degli indicatori assai imprecisi e vaghi di ciò che si è realmente liberi di fare e di essere. Ancora più vago e impreciso è il "reddito", poiché una persona malata e bisognosa di cure è sicuramente in una condizione peggiore di una persona sana avente il suo stesso reddito."
(ibidem)
L'eguaglianza di una determinata società dipende dal suo grado di idoneità a garantire a tutte le persone una serie di capabilities di acquisire fondamentali funzionamenti, ossia un'adeguata qualità della vita o well-being generale, ossia non ristretto entri parametri strumentali o economici. Sen propone una teoria dello sviluppo umano in termini di libertà (development as freedom); nel far ciò si riallaccia al concetto aristotelico dell'eudaimonìa: l'espressione greca eudaimonìa non corrisponde affatto alla sua usuale traduzione inglese in happiness (felicità), ma ha piuttosto a che vedere col termine fulfillment, che vuol dire realizzazione completa di sè e che può essere resa con la bella immagine di una "vita fiorente" (flourishing life), ossia di una vita che fiorisce in tutte le sue potenzialità [Notiamo che la somiglianza con la realizzazione dell'Io di Tagore non è affatto casuale se ricordiamo che Sen è nato nel 1933 a Shantiniketan, "casa della pace", l'università nella foresta fondata da Tagore].
L'approccio di Sen ha convinto molti studiosi a considerare i tradizionali indicatori monetari del benessere (indici di povertà e diseguaglianza basati sul reddito o sulla spesa per consumi) come misure incomplete e parziali della qualità della vita di un individuo.