Patrizi e plebei: una realtà sociale del nostro secolo
Considerazioni su direttiva Bolkestein: privatizzazioni
La nuova frontiera della globalizzazone mira a privatizzare tutti i possibili servizi presenti sul territorio (Strade, fognature, acqua, luce, gas, poste, ferrovie, scuole, sanità, e tutto ciò che si muove nel sociale) e i singoli comuni, regioni, attuali gestori, non potranno che stare ad osservare senza poter intervenire nelle decisioni, devolute all'autorità europea.
La sindrome dell'Idraulico Polacco, sembra foriera di un possibile aumento della disoccupazione in Italia: "Il professionista polacco infatti costa meno e potrebbe venire a 'rubare' il lavoro all'idraulico italiano"...
La questione più grave è la progressiva privatizzazione di tutti i servizi: ci troveremo ad avere, in una regione, scuole gestite da una multinazionale americana, altre da una azienda cinese, sanità gestita da un'azienda dell'america latina ..., per il principio della parità di trattamento tra aziende di casa e quelle estere (Trattato GATT).
Problema ancor più grave: progressivo depauperamento della liquidità locale, per esportazione dei profitti; diminuzione degli investimenti, prelievi fiscali che non portano ai corrispettivi livelli di servizi.
Insomma per risolvere il problema della stagnazione socio-economica italiana, si rischia di passare dalla padella alla brace con una privatizzazione irrazionale.
In un'economia avanzata dovremmo suddividere le competenze tra il privato, il pubblico e il cooperativo. Vi sono ragioni per differenziare tali competenze: il pubblico ha la responsabilità dello sviluppo generale e mira a calmierare i prezzi dei beni di base. Il privato, massimizza i profitti e questo è lecito ammetterlo solo per i beni che non costituiscono le minime necessità (alimenti, vestiario, abitazione, sanità, educazione). Il cooperativo favorisce una ottimale distribuzione del reddito.
Perciò la privatizzazione estrema come prevista dalla Bolkestein, cozza con le reali esigenze di un paese: con l'equilibrato sviluppo della sua economia e la garanzia della pace sociale.
Avremmo voluto, invece di sposare, in toto, il modello economico americano, che si fosse fatta un'adeguata analisi delle ragioni socio-psicologico-economiche della decadenza del modello italiano ed europeo, per poter trovare al suo interno le soluzioni.
Possibile, l'Europa è stata il crogiolo di molti sistemi socio-economici: socialismo, capitalismo, comunismo, fascismo e focolaio pure di rinascimento culturale e umanistico!
Dovrebbe essere possibile perciò l'elaborazione di un nuovo modello sociale-produttivo.
Vi è da tener presente che, storicamente, non è mai stato possibile frenare la decadenza di una civiltà, di un modello sociale. E' possibile un'alternativa ad esso, nonostante ritorni momentanei al passato: la storia è sempre andata avanti.
Non dovremmo sbagliare di molto nell'affermare che la presente è una fase discendente della tesi fin qui svolta dalla società europea, ma che dietro l'angolo potrebbe svilupparsi una nuova antitesi potrebbe culminare con un nuovo rinascimento europeo.
Un esempio di analisi e alternativa: che il modello produttivo della privatizzazione dei mezzi di produzione, (aziende private) sia in crisi non è un mistero, che il modello a proprietà statale dei mezzi di produzione sia già crollato (statalizzazione) è assodato. Giunge spontanea la domanda: su quale modello orientarci? Il comunismo deriva da una concezione materialistica dell'esistenza, il capitalismo da una concezione individualistica. Quando sappiamo che deve esserci per forza un sano equilibrio tra diritti individuali e necessità collettive, per l'armonico sviluppo collettivo e individuale, perché allora non viene preso in considerazione un modello produttivo alternativo, della cooperazione coordinata?
In questo modello tutta la popolazione partecipa ai rischi e ai benefici della produzione, diventando attiva nella gestione dell'azienda: i conflitti sindacali diminuirebbero, aumenterebbe il contributo individuale alla produzione e ne beneficerebbe l'intera economia.
Il nostro destino economico è lasciato al singolo imprenditore! Se guardiamo alla Cirio, Parmalat e Fiat, ci vengono i brividi.
Il collo di bottiglia per la ripresa italiana
sembra essere anche qui. Invece di studiare alternative alla presente crisi, si importa il modello americano di successo.
Guardiamo ai risultati ottenuti dalle 80 Cooperative Mondragon dei Paesi Baschi. Fino al 1999, vere cooperative, in cui trovavano posto oltre 20.000 lavoratori/trici e dove risultavano i più alti redditi pro-capite in Europa.
La cooperazione coordinata porta a maggiore sinergia e benefici per tutti.
Ma per giungere a questo è necessario un cambiamento culturale, nella considerazione dei valori umani, nell'accettazione del principio della 'uguaglianza sociale'.
Oggi invece la società si è polarizzata tra falchi e colombe. E le direttive, come la Bolkestein, funzionano bene a tavolino ma sul campo rischiano di impoverire ogni singolo paese a favore delle grosse multinazionali.
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