Un Mondo Possibile

Un Mondo Possibile

Politica, Economia, Cultura e Democrazia Economica
Movimento per la Democrazia Economica
ultime ricerche
tarcisio bonotto
nuovo ordine mondiale
consumismo
... altre ricerche ...
Home > Economia > NO TAV: Investimenti su progetti improduttivi? No grazie.
RSS Atom stampa
Home
Eventi
Treviso
Massima Utilizzazione
Ecologia
Politica
Economia
Cucina non violenta
Cultura
Editoriali
Libri
Lettere
Approfondimenti
Cambiamenti climatici
Mailing list
MENSCHLICHE WELT
Link
Download
Contatti
Indice per titolo
Indice per data
Indice per autore

Eventi
<< Ottobre 2024 >>
Lu Ma Me Gi Ve Sa Do
 123456
78910111213
14151617181920
21222324252627
28293031 
www.tav.it

NO TAV: Investimenti su progetti improduttivi? No grazie.
Gli investimenti europei su opere strutturali improduttive

A che ci serve la TAV per il trasporto merci veloce quando il nostro export commerciale con l'estero è diminuito del 20% circa tra il 2004 e 2005?
Qualcuno ha suggerito per avere scioperi dei trasporti più veloci...

I grandi amministratori Europei, decidono seduti a tavolino i progetti per l'Europa, come i grandi pianificatori Sovietici: la grande Russia vista come unità statica e omogenea, l'Europa come un'entità già unita e omogenea nei suoi aspetti sociali, economici, amministrativi e politici. Ma i sentimenti nazionalistici sono ancora forti e gli interessi politici ed economici troppo evidenti.

In nome dell'unità europea si è ideata la Bolkestein: uniformare i servizi in europa e privatizzare tutto il possibile (Acqua, energia, sanità, scuola, poste, strade...); e ora i trasporti ad Alta Velocità per unire gli opposti confini. Il tutto senza tenere conto delle visibili differenze del livello di sviluppo economico, retributivo, infrastrutturale, del sistema amministrativo, delle costituzioni nazionali, del sistema giudiziario, civile e penale dei diversi paesi, che inficiano una qualsiasi forma di cooperazione e integrazione.
La Germania Ovest ha sofferto 5 anni una profonda crisi economica per l'unità con la Germania Est, socialmente ed economicamente agli antipodi.

Paesi come la Romania, l'Ucraina, Lituania, Estonia, Lettonia sono usciti da un sistema culturale oppressivo e soppressivo, da un sistema economico statalizzato. La differenza salariale è di circa 1:10 rispetto ai paesi avanzati dei 15 paesi della prima ora. Ci vorranno certamente 2-3 generazioni per correggere molte storture del precedente regime.

Comunque, se di unità europea si dovesse in qualche modo discutere, si dovrebbe iniziare con l'uniformare le Costituzioni nazionali, gli aspetti amministrativi, legislativi, sociali culturali ed economici. Da tenere presente che la ristrutturazione economica è un processo che nasce dal basso, richiede tempo e dipende dal livello culturale, di formazione, di coscienza socioeconomica, dalla disponibilità di materie prime, di capitali, di coesione sociale...
Le strutture sociali, economiche e politiche e le infrastrutture derivano, in ultima analisi dai principi ideologici, dalla conseguente filosofia esistenziale e dalle espressioini culturali inerenti alla psicologia sociale così formata, che un popolo ha fatto propri.

E' altamente utopico unire gli europei solo dal punto di vista economico. Vi è la necessità di prevedere un equilibrio tra i 3 aspetti chiave della esistenza sociale: la società, il mercato e l'amministrazione. L'unità va vista in tutti questi aspetti. Inoltre questo mercato è espressione del capitalismo locale espanso a livello europeo e, nella globalizzazione economica, a livello mondiale.

Quella che stiamo portando avanti, volenti o nolenti, sembra essere nuovamente una ribellione contro le nefaste conseguenze del capitalismo e liberismo come nel '68, ma questa volta a livello mondiale.

Condividiamo la posizione di Mani Tese, sulla necessità di un'economia al servizio della società.
Inoltre sottolineiamo la necesstià che gli investimenti, se ci sono, non siano utilizzati per costruire ponti, strade, ferrovie perchè altamente improduttivi, ma per posti di lavoro produttivi di ricchezza, che inizino il circolo virtuoso di domanda, produzione, salari e consumi, in una economia socializzata.

Questo è l'altro punto dolente: quale modello economico vogliamo sponsorizzare? Un'economia al servizio della società dovrebbe significare,
* cooperativizzazione della maggior parte delle attività che producono beni di primaria necessità (alimentari, vestiario, abitazione), per favorire una più razionale distribuzione della ricchezza, contro la concentrazione di potere economico.
* la socializzazione dei mezzi di produzione: la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende o democrazia economica.
* La partecipazione della popolazione alle decisioni che influenzano il destino di tutti (bilancio partecipativo, comitati sociali ...). Una maggiore sinergia tra la popolazione e i palazzi di vetro del potere decisionale.
* la chiara distinzione tra beni gestiti dalle amministrazioni locali (industrie chiave - tra cui i servizi (luce, acqua, gas), l'edilizia, fonderie, aziende tessili - in sintesi aziende che forniscono materie prime), cooperative e aziende private.

Speriamo che il prossimo futuro ci porti, dal fallimento del WTO round, al collasso del progetto liberista della globalizzazione economica delle multinazionali, alla revisione del progetto di globalizzazione iniziando con la costruzione di un nucleo di Governo mondiale, ormai una necessità impellente e di comunità economiche omogenee.
E speriamo anche in modello economico alternativo, locale e globale, che sostituisca questo liberismo, altrimenti rischiamo di passare dalla padella alla brace.

2005-12-17 Tarcisio Bonotto

Iscriviti alla Mailing List


annunci pubblicitari





Edicola.org
Capitalismo, Comunismo e Democrazia Economica Notiziario di Cultura Proutista