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La via Neo-Socialista allo sviluppo
Una terza ipotesi, tra liberismo economico e statalismo

Il comunismo è morto, il capitalismo non ha prodotto di meglio.

Queste sembrano essere le conclusioni di un'epoca di tormentato sviluppo che ha visto aumentare la forbice tra ricchi e poveri, nella globalizzazione economica.

Il capitalismo nazionale si è trasferito a livello planetario e miete come prima le sue vittime, questa volta a livello globale.

Inoltre, asserisce Sarkar, il nuovo capitalismo non si è limitato allo sfruttamento economico, troppo visibile e ben riconoscibile dalla gente sfruttata, ma ha affinato le sue armi introducendo lo sfruttamento socio-economico e psico-economico, di natura più sottile e meno riconoscibili, ma oltremodo pericolosi.

Socio-economico: i complessi di inferiorità introdotti nella psicologia collettiva, mantengono divisa la società, e assoggettano la popolazione ai dettami del consumismo artificiale.
Psico-economico: I dogmi invece rappresentano lo strumento più subdolo usato per l'assogettazione economica: sfruttamento psicologico al fine dello sfruttamento economico. In questo modo i capitalisti hanno allargato la rete per ottenere una messe più ampia.

Vi è una terza via allo sviluppo, che non sia quella capitalistica o comunista, del benessere di pochi, che garantisca, allo stesso tempo, sia l'avanzamento tecnologico, sia i diritti economici di tutti in un equilibrato rapporto con l'ambiente e che comunque rispetti le regole canoniche di un'economia avanzata? Vi è il timore infondato che se ci si allontana dalle regole dell'economia capitalistica della domanda e dell'offerta, della proprietà privata dei mezzi di produzione, della concentrazione del potere economico, del profitto come elemento chiave dello sviluppo, vi sia o il vuoto o il comunismo.

Molti movimenti predicano 'un altro mondo possibile' ma quale sia l'alternativa al liberismo economico non è dato a sapere. Sono stati messi in crisi comunque, grazie a questi movimenti' i fondamenti culturali del capitalismo: 'l'edonismo integrale' che vede nell'arrivismo e nell'egoismo i fattori chiave per l'avanzamento economico. Essi sembrano essere stati sostituiti dalla 'cooperazione e dalla solidarietà'.

La globalizzazione ha accelerato i mutamenti del nostro stile di vita e della struttura socio-economica. E' anche vero che ci si è trovati, in parte, impreparati.

Dal punto di vista strutturale, quando si parla di modello produttivo industriale, agricolo, commerciale, qual è l'alternativa rispetto all'attuale sistema (culturale e strutturale) in crisi?

Vi sono aspetti sia culturali che strutturali da considerare per un'analisi delle alternative.
Culturali: tutti hanno diritto a sopravvivere e a sviluppare le proprie capacità. Essenziale perciò dare a tutti la garanzia delle minime necessità, attraverso un lavoro. Questo non è possibile in un sistema capitalistico, forse in un sistema comunista, ma con conseguenze collaterali non di poco conto, ma senz'altro possibile in una socializzazione dell'economica.

Dal punto di vista strutturale.

La nostra produzione punta espressamente sull'imprenditoria privata come sine qua non per lo sviluppo economico. Il rapporto odierno tra imprenditori e dipendenti ricorda il dualismo tra patrizi e plebei dell'epoca romana. Come è stato superato il modello sociale dei titoli nobiliari, oggi sta scemando l'importanza dell'imprenditore singolo come elemento trainante della produzione industriale e agricola. Come allora strutturare un'economia solidale, sociale? Attraverso lo sviluppo di una democrazia economica: programmazione locale dello sviluppo, cooperativizzazione delle attività produttive e distribuzione dei prodotti basilari, garanzia delle minime necessità a tutti attraverso un lavoro, boicottaggio dei prodotti non prodotti in loco per garantire la massima occupazione.

Guardiamo ai problemi creati dai singoli imprenditori. Essi hanno la responsabilità a volte del destino di migliaia di lavoratori e famiglie. E un loro errore, in un momento di crisi, manda in fumo migliaia di posti di lavoro. Parmalat, Cirio, Fiat, Olivetti sono alcuni degli esempi.

Guardiamo ai problemi creati dalla globalizzazione:

Delocalizzazione, importazioni insensate. Il tutto ha come risultato un aumento della disoccupazione locale, della povertà, della dipendenza economica. Possiamo accettare i dettami di un liberismo sfrenato che ha aumentato la ricchezza di pochi eletti, ora, a livello globale? Non è possibile. Dovremmo ripensare alla globalizzazione, come elemento di stabilità, sviluppo per tutti i paesi. Questo passa attraverso la creazione di zone socio-economiche omogenee, l'autosufficienza economica di ciascun paese. Proprio il contrario delle presenti tendenze, che favoriscono solo i grande capitalismo.

Allora è necessario un cambiamento culturale-economico.
In sintesi un Neo-Socialismo umanistico o progressista, che fonda le sue radici nei valori umani, nella soddisfazione delle esigenze primarie di ogni cittadino, sul consumo piuttosto che sul profitto irrazionale. La socializzazione dell'economia, non la collettivizzazione o la privatizzazione. E' un concetto nuovo sia per la nostra che per altre culture. E gli italiani sembrano pronti al nuovo salto di qualità.

2005-05-03 Tarcisio Bonotto


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