RIFONDARE L'O.N.U.
Per un Governo Mondiale legittimato dai popoli.
1. Unità e diversità
2. Regionalismo, internazionalismo e universalismo
3. Un Governo mondiale con le buone o con le cattive?
4. Un Governo Mondiale su base democratica
1. Unità e diversità
Oggi stiamo vivendo in una società mondiale che più che mai riflette, in ogni ambito della vita sociale, culturale, economica, politica, religiosa, la divisione. L'umanità sta vivendo un periodo di storia particolare di crescita e di maturità: riuscire a superare le differenze superficiali che dividono gli individui e che ci portano, per motivi religiosi, politici, sociali, razziali, a contrapposizioni ideologiche, fino a sfociare nel desiderare la morte e la soppressione della vita altrui.
Il bambino viene portato nel grembo della madre e da ella si separa per vivere una vita autonoma. Di qui, sembrerebbe che la sua vita sarà condotta, da questo momento in poi, in totale indipendenza, ammonendo ad un continuo processo di separazione, unione, nuove separazioni, ecc. La vita in famiglia, il suo allontanamento da essa, la formazione di nuovi nuclei famigliari, la formazione di nuovi gruppi sociali.
Le società, dalla loro nascita, seguono, in modo fluttuante, un processo simile di unione, separazione, nuove unioni e agglomerazioni e nuove divisioni.
Gli abitanti della primissima era paleolitica vivevano in caverne e, sospinti dal sentimento di autoconservazione, decisero in un particolare momento di associarsi in clan, tribù e villaggi, con l'intento di tenere lontani i nuclei familiari dai pericoli del mondo selvaggio. Alle grotte subentrarono le capanne, raggruppate in villaggi protetti da trincee difensive e steccati di pietra. Nel successivo periodo neolitico, il progresso umano si trovò ai suoi primi albori, coincidendo con la pastorizia, l'allevamento e la lavorazione della ceramica. Poi sorsero i primi raggruppamenti stabili in villaggi, poi piccole città, centri urbani più ampi, regioni, stati, confederazioni. La spinta che ha proiettato le società a riunirsi in dimensioni sempre più ampie deriva dalla necessità di maggiore sicurezza e vivere secondo gli ideali e valori propri di quel luogo e periodo. Gi stessi mezzi di comunicazione ci fanno apparire il mondo contemporaneo più vicino di ciò che accede nelle nostre stesse famiglie.
Eppure, di fronte a questo spirito instancabile che porta gli esseri umani a mitigare le differenze di fede, credo politico, razza, ecc., assistiamo ad un'altra forza centrifuga che cerca di far esplodere le divisioni e le intolleranze.
Dovremmo cercare di costruire una società che creda all'eguaglianza delle persone per esaltarne e valorizzare le differenze e non per potenziarne le divisioni. Dire di voler valorizzare la diversità per creare unità nella vita del genere umano non è un discorso che contraddice il suo spirito.
L'unità nella diversità e la diversità nell'unità significa proprio garantire libertà di espressione di ognuno in uno sforzo congiunto di ridurre le divisioni e creare una convivenza armoniosa. Alcune società, in particolare quelle comuniste, che hanno cercato di imporre un abbigliamento unico, una sola lingua, una sola religione ai propri cittadini, hanno fallito nel loro tentativo di far apparire il tessuto sociale più unito e stabile. Invece altre società, come quelle capitaliste, cercano di frammentare i bisogni individuali, finendo per far accettare la diversità tra le persone come fatto giustificatorio di una disuguaglianza naturale tra le persone, anche negli ambiti vitali della giustizia sociale ed economica.
L'uomo di oggi esaspera le diversità esterne rispetto all'Altro da Sé, in quanto ha dimenticato ad imparare ad osservarsi dentro di Sé, dove non esistono differenze e divisioni, ma solo unità ed armonia. Il processo di globalizzazione, che a prima vista dovrebbe riavvicinare gli individui fra loro, in realtà sta esasperando e moltiplicando i conflitti. Il processo alternativo che tutti noi dovremmo accogliere e sostenere è invece di mondializzazione che nei suoi risvolti ideologici e politici vede per obiettivo la realizzazione di un governo unico a livello planetario.
L'esasperazione delle differenze religiose, fino a sfociare nelle divisioni secolari tra tradizione islamica e cristiana, ad esempio, porta a non far coincidere l'albero con le sue radici, gli occhi con lo sguardo, l'orizzonte con il cielo. Non riusciamo a riconoscere l'origine delle cose e confondiamo i mezzi con i fini, gli effetti con le cause, l'esteriore con l'interiore, l'infinito con il finito.
Dobbiamo creare nelle nuove generazioni la certezza che sia possibile credere in un solo Dio, che il pianeta è la casa comune di tutti gli esseri viventi, che le conquiste scientifiche e le innovazioni tecnologiche servono allo sviluppo del genere umano, che le differenti tradizioni, usanze, costumi, lingue, ecc., sono varianti della medesima cultura umana e che appartenere al genere umano è una fortuna ed allo stesso tempo una grande responsabilità verso gli altri esseri viventi e le generazioni future di questo pianeta e di altri possibili presenti nell'universo.
Il processo di cambiamento del pensiero degli esseri umani, dall'estremo delle divisioni e dei conflitti secolari, al terreno più fertile dell'unità, sarà simile ad un'evoluzione genetica individuale e collettiva, che richiederà, probabilmente, secoli di tentativi, fallimenti, insuccessi ed alla fine tante vittorie che coroneranno il sogno di una società umana davvero unita.
La società contemporanea necessita di una forte spinta verso lo sviluppo nell'individuo delle potenzialità fisiche, mentali e spirituali e parallelamente incoraggiando e stimolando nella psicologia umana il sentimento cosmico.
2. Regionalismo, internazionalismo e universalismo
Dovremmo rigettare, nei nostri comportamenti ed in quelli dei leader politici, la preferenza verso un particolare territorio (geo-sentimento), o verso un determinato gruppo sociale (socio-sentimento).
Il regionalismo, come tutti gli approcci che derivano da visioni basate sull'unità nella razza, lingua, colore di pelle, comunità, nazionalità, provoca divisioni e conflitti. Se, ad esempio, davvero il fattore linguistico avesse rappresentato la base per la formazione dei moderni Stati nazionali, oggi un paese come la Svizzera non dovrebbe esistere, in quanto suddivisa in quattro regioni assorbite a loro volta dagli Stati da cui provengono le rispettive lingue: Germania, Francia, Italia e Romania. Allo stesso modo, la popolazione belga che parla francese dovrebbe considerarsi a tutti gli effetti francese.
Anche l'Italia presenta numerose regioni alloglotte. Infatti dialetti slavi non parlati nell'alto Isonzo, nelle Alpi e Prealpi dalla Valle d'Aosta alla Carnia, nei sette comuni del Vicentino e nei tredici comuni del Veronese; dialetti albanesi nel Molise e in diverse località di Puglia, Calabria e Sicilia ed infine il catalano viene parlato in alcuni centri della Sardegna.
Quali sono le cause sociali, economiche e politiche del fenomeno regionalista e nazionalista? La concentrazione del potere amministrativo, associata al potere politico, apre la strada alla burocratizzazione dell'apparato statale. In un tale sistema sociale, dove gli interessi economici si compenetrano con i politici, le aspirazioni di carriera spingono i leader politici a separare il territorio in singole zone di consenso ed influenza, creando aree sub-economiche e sotto-acculturate. Questa capacità dei leader politici, religiosi, di governo di creare i geo-sentimenti ed i socio-sentimenti, nonché di trasformare un geo-sentimento in un socio-sentimento e/o viceversa, ha come effetto la suddivisione di un unico originario territorio in località sviluppate e in altre sottosviluppate. Le aree economicamente più avanzate impongono un particolare linguaggio o un modello culturale ed economico dominante sul resto della popolazione.
Ciò che si sta vivendo oggi in Italia, con la possibilità di creare un federalismo fiscale che porti le regioni più ricche a livelli di autonomia e sviluppo maggiori, rispetto ad altre regioni meno ricche e che saranno costrette ad aumentare le tasse al fine di garantire i servizi collettivi essenziali, è il risultato di una politica diretta a creare socio-sentimenti e geo-sentimenti nella popolazione da parte dei leader politici (Lega e coalizione attuale di governo) ed assecondata dagli altri settori confacenti della società (Confindustria e Chiesa).
Il problema centrale del nostro periodo storico, rappresentato dai numerosi conflitti etnici sparsi nel mondo (come ad esempio in Cecenia, Turchia, Spagna, Kasmir, Israele, Iraq), è quello di aver sempre pensato localmente ed agito globalmente. Agito globalmente, in seguito ai numerosi interventi da parte delle superpotenze per perseguire propri obiettivi di espansione economica, militare e politica; pensato localmente, in quanto non si è riflettuto sui gravi riflessi negativi nella pace del mondo. E' vitale un cambiamento di visione e strategia per il benessere e la sopravvivenza di tutti noi, che sarà possibile solo se riusciremo a pensare globalmente e ad agire localmente. Questo significa l'introduzione di un ulteriore termine alle prospettive del regionalismo, del nazionalismo e dell'internazionalismo.
Il regionalismo, così come il nazionalismo o l'internazionalismo, con tutti i comportamenti basati sul geo-socio-sentimento, sono negativi e divisivi. Geo-sentimento, socio-sentimento e loro varianti vengono introdotte nella società dai leader politici e religiosi per creare nella mente delle persone barriere economiche-sociali-politiche-culturali artificiali, sfruttando a proprio interesse le divisioni ed i conflitti insorgenti intra ed infra umani. E' la loro regola del "dividi et impera".
Cos'è l'universalismo? Quando gli esseri umani si muovono collettivamente per il benessere degli esseri viventi, tale progresso umano riflette lo spirito del Neo-umanesimo. Il Neo-umanesimo, oltre a garantire l'esistenza umana dei livelli fisico, mentale e spirituale, assicura anche il diritto alla vita del mondo animato ed inanimato.
Sono molteplici le differenze di colore della pelle, di fisionomia, di lingua e di tradizioni tra gli abitanti delle diverse regioni del mondo e ciò ci porta erroneamente a pensare che alcune popolazioni siano superiori per un qualche motivo ad altre popolazioni; che la civiltà occidentale sia superiore alla civiltà islamica perché noi abbiamo introdotto l'istituto della democrazia politica. Questa visione erronea proviene da una ignoranza del funzionamento della legge de Ciclo Sociale.
Se vogliamo stabilire l'universalismo, dobbiamo anche incoraggiare, ad iniziare dalle scuole, il sentimento cosmico per riscoprire il legame che unisce ogni entità presente in questo vasto universo.
3. Un Governo mondiale con le buone o con le cattive?
Alcuni documentaristi sostengono che a partire dagli anni 90 sia incominciata un'oscura trama finalizzata alla costituzione, contro la volontà autonoma delle nazioni, di un Governo Mondiale, previsto dalle stesse Nazioni Unite. Lo dimostrerebbero documenti ed articoli apparsi negli ultimi anni, come quello scritto dall'economista Norman France nel 1993 sulla rivista Monetary & Economic, intitolato: "Un Governo Mondiale per assenso o asservimento". Il programma per un Governo Mondiale unico, però, sarebbe voluto in particolare dagli Stati membri più incisivi alle Nazioni Unite, come gli USA. L'obiettivo di realizzare, con le buone o con le cattive, tale nuovo ordine mondiale, sotto l'egida sì di un Governo, ma diretto dal potere economico-militare internazionale delle superpotenze, sarebbe in corso di realizzazione attraverso una strategia più subdola e indiretta, cioè creando una miriade di crisi economiche, finanziarie e sociali sparse sul pianeta. Facendo credere che l'economia, la finanza, gli istituti sociali e politici nazionali siano per sfaldarsi, gli attuali istituti di governo del pianeta (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, ONU) saranno l'unico riferimento per intervenire ed apportare i correttivi ai sistemi nazionali economici e sociali locali. Gli Stati saranno costretti a rinunciare alla loro sovranità nazionale e tutto condurrebbe ad un forte accentramento di potere nelle mani dell'ONU. In questi ultimi anni, assistiamo a livello mondiale ad un continuo proliferare di lotte etniche, religiose, nazionaliste dove, dopo un primo e massiccio intervento da parte delle superpotenze (si pensi all'ex-Yugoslavia, Afganistan e Iraq), come previsto, l'ONU è stato chiamato per intervenire e fissare delle postazioni stabili. Secondo tale preoccupazione, si tratterebbe di conflitti orchestrati ad hoc, in quanto non li si è voluti prevenire e gestire per tempo, che accrescono gli attriti sociali. E anche per questi motivi, secondo l'economista France, che in molte nazioni in via di sviluppo le frontiere all'immigrazione sono state aperte, con il fine di aumentare le tensioni interne fra le varie etnie e religioni e destabilizzare l'ordine e la sicurezza interna. Il passaggio alla formazione di un Governo Mondiale non voluto per partecipazione, bensì per imposizione, sarebbe molto breve. France ritiene che tale meccanismo sia stato messo già in moto a partire dagli anni 90, sperimentandone l'efficacia su nazioni minori. Partendo dall'indebolimento delle economie a causa dell'indebitamento dei Paesi, i politici, considerati incapaci di risolvere il problema, verranno indicati quali i responsabili. Dopo aver provocato crisi e disordini sociali tanto violenti da richiedere un drastico intervento esterno da parte delle autorità o corpi militari, le conseguenze saranno la caduta dei governi locali e la richiesta di intervento di sostegno dell'ONU. Le notizie che provengono dall'Iraq, confermerebbero tale impostazione ed almeno altre 3 o 4 regioni sarebbero in procinto di fare la stessa fine. Tale progetto viaggerebbe sotto l'egida americana e sarebbe iniziato nel '90 con Henry Kissinger. Secondo le sue parole: "se si dice alla gente: Attenzione, un grave pericolo ci minaccia dall'esterno" ed al tempo stesso si impongono provvedimenti atti a scongiurare tale "minaccia", effettiva o meno, la popolazione in generale sarà pronta a chiudere gli occhi, accettandoli per la propria salvaguardia e sicurezza. L'azimut di tale strategia prevederebbe la ponderosa partecipazione di uomini e mezzi delle Forze Armate statunitensi, smistabili in tutto il mondo, per integrare la nuova forza di polizia internazionale delle Nazioni Unite. Le motivazioni che giustificherebbero il trasferimento di forze statunitensi sotto il controllo ONU sono contenute in un progetto USA denominato "Freedom from War", documento inerente un programma americano finalizzato al disarmo completo e pacifico disposto dal Presidente Kennedy. Il documento dichiara: "La forza di pace dell'ONU sarà resa stabile e rinforzata gradualmente con materiale americano". Tale stadio sarebbe diventato operativo già nel '90 e molte delle installazioni e delle forze militari USA sarebbero state trasferite sotto l'ONU a livello internazionale. Se il grosso dei contingenti militari continuerà ad essere spostato sul piatto delle Nazioni Unite, ogni nazione, compresi gli USA, non potrà disporre di una forza militare autonoma tale da poter contrastare il volere dell'ONU, sottomettendosi a questo punto alle sue forze multinazionali. Quello raccontato sembra uno scenario alquanto macchinoso, inconcepibile e difficile da ammettere, tuttavia rientra nella presente disamina per concepire al meglio sia l'attuale condizione internazionale, che le ipotesi di realizzazione di un Governo Mondiale democratico.
4. Un Governo Mondiale su base democratica
E' nel XX secolo che si afferma il principio della nazionalità e, nel nuovo assetto all'indomani della
prima guerra mondiale, si cercò di attuarlo praticamente nella forma degli stati sovrani nazionali. Mentre, sarà dopo la seconda guerra mondiale che sorgeranno, inizialmente a scopo difensivo e per il mantenimento della pace, alcune organizzazioni pan-regionali. Di queste ne ricordiamo alcune come la Nato o Patto Atlantico (Usa ed Europa occidentale), l'ex-Patto di Varsavia e la Seato (Francia, Gran Bretagna e Asia orientale). Anche l'Europa, dopo la seconda guerra mondiale, venutasi a trovare racchiusa nei due grandi blocchi (russo-asiatico e americano), si è indirizzata verso una più stretta collaborazione sovranazionale, raggiungendo l'attuale unificazione del mercato economico e finanziario.
Riflettiamo su quelli che sono stati i presupposti storico-diplomatici sottostanti alla costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U.). Principio animatore è riconducibile alla breve esperienza della Società delle Nazioni. In epoca successiva, l'organizzazione venne alla luce con l'alleanza di tutti i grandi Stati democratici uniti contro la Germania nazista e gli alleati dell'asse. Iniziava a delinearsi l'idea di un villaggio globale dove il futuro dell'umanità sembrava essere collegato ad un unico destino.
La costituzione dell'ONU ha rispecchiato gli esiti della II guerra mondiale. Ma, dopo il crollo del comunismo nell'Est e la fine del bipolarismo Usa-Urss, quale valore ha ancora un O.N.U. dominato da un Consiglio di sicurezza ristretto a poche nazioni e capace di condizionarne ogni decisione?
Le decisioni importanti che si prendono, ad esempio in Europa, vengono accolte dall'opinione pubblica non perché siano l'espressione di una volontà comune, ma perché manifestazione del volere di un organo centrale che ha perso i collegamenti con le sue parti. All'azione dell'O.N.U., anche diversi limiti giuridici, derivanti dalla sovranità nazionale degli stati membri, hanno ostacolato l'esplicarsi delle sue attività. Nel giro di pochi anni, dalla guerra fredda tra Usa ed ex-Urss alla distensione internazionale abbiamo assistito ad una nuova crisi di impotenza dell'O.N.U., che si è aggravata con la minaccia dell'affacciarsi di un terrorismo mondiale, con la decisione arbitraria delle potenze militari di non procedere alla distruzione degli arsenali nucleari. Questo processo di messa in ridicolo dell'O.N.U. non dà segni di fermarsi. Né è la prova la centralità di quelle organizzazioni, quali il Consiglio di sicurezza e il Fondo monetario internazionale con la Banca mondiale che hanno introdotto al suo interno il diritto del più forte, cioè i vincitori dell'ultima guerra mondiale, a prendere le decisioni.
Con la fine della guerra fredda, l'O.N.U., a differenza di quanto ci si poteva attendere, non ha potuto dormire sonni tranquilli. In seguito alla delibera del Consiglio di sicurezza ristretto, che ordinava le sanzioni economiche all'Iraq per aver invaso il Kuwait, siamo passati all'invasione di quel paese da parte di una ristretta coalizione militare, nonostante il parere contrario dell'O.N.U. E i giudizi contrari dell'O.N.U. verso tante altre guerre sono tanti e non rispettati: Palestina, Tibet, Nepal, Kashmir, Etiopia, Libano, ecc.
La dimensione delle perdite umane dell'ultima guerra mondiale (circa 38 milioni furono i morti civili e militari, di cui 5,9 milioni di deportati razziali e da 4 a 5 milioni di deportati politici in Germania), dovrebbe far ancora riflettere i governanti del pianeta, non solo su una estensione globale del conflitto, ma anche sulla sua dimensione mondiale.
Secondo Sarkar, la formazione di un Governo mondiale richiede una Costituzione mondiale. Dovrebbe essere formato un corpo legislativo che sviluppi una Carta dei Diritti e una Carta Costituzionale che tuteli le proprie minoranze. L'applicazione di tali leggi dovrebbe essere di competenza dei governi nazionali locali. Lo scopo del Governo Mondiale dovrebbe essere di stabilire le condizioni minime ed omogenee per le legislazioni locali, senza interferire in nessun modo con il potere amministrativo. Il Governo Mondiale dovrebbe essere formato da due camere, una in rappresentanza delle Nazioni e una in rappresentanza della popolazione. L'Assemblea Generale dell'ONU, opportunamente riformata per escludere le differenze di potere attuali esistenti tra le superpotenze e le altre nazioni, dovrebbe svolgere il compito di rappresentare le Nazioni insieme ad una Assemblea dei Popoli da formare in proporzione al numero di abitanti.
La Neo Magna-Charta dovrebbe contenere un preambolo dei diritti comprendente, ad esempio, almeno quattro tematiche: primo, dovrà essere garantita una completa sicurezza alla flora e fauna del pianeta; secondo, ogni Paese dovrà garantire il potere d'acquisto ai cittadini; terzo, la Costituzione deve garantire 4 diritti fondamentali (la pratica spirituale, le radici culturali, l'educazione e l'espressione linguistica locale); quarto, se la pratica di uno di questi diritti si scontra con i valori cardinali umani, questi ultimi avranno la precedenza. In merito alle relazioni tra i membri della Confederazione e quest'ultima, occorrerà garantire il diritto all'autodeterminazione ed alla recessione da parte di ogni membro dalla confederazione.
In ordine a sviluppare un sentimento neo-umanista di fraternità ed unità, oggi necessitiamo, più che mai, di una comune filosofia di vita, una struttura costituzionale comune, un esercito mondiale ed un comune codice penale. Ma, se vogliamo implementare nella società i suddetti punti, dobbiamo costituire necessariamente un Governo Mondiale. I fattori che potranno agevolare l'introduzione del valore dell'universalismo nella struttura mondiale governativa possono essere semplificati in:
- sintesi culturale globale
- zone od unità socio-economiche in sostituzione delle attuali nazioni
- unica lingua franca per comunicare a livello mondiale
- politica fiscale globale
- protezione dell'ambiente e della ricchezza archeologica.
La creazione di un Governo Mondiale dovrebbe produrre un percorso di profonda riforma ed una fase successiva il rafforzamento delle Nazioni Unite. Pertanto, ciò che tutte le persone oneste e sagge dovrebbero auspicare per la soluzione di molti problemi che oggi attanagliano il pianeta, è spingere i leader politici ad orientarsi verso la formazione di un Governo Mondiale, la cui realizzazione potrebbe essere regolata in modo graduale da alcune fasi: dapprima allargare la partecipazione a quei Paesi che intendano aderire su base volontaria e producano esempi pratici di politiche ed istituti sociali comuni (come ad esempio la creazione di codici giuridici comuni, patti economici comuni, politiche socio-economiche comuni, ecc.), a prescindere dalla vicinanza o dall'appartenenza a federazioni con regioni limitrofe, benché la cosa più ovvia sarebbe quella di incentivare esperimenti tra Stati che appartengono ad istituti già esistenti (ad esempio l'Unione Europea, l'Accordo dei Paesi dell'Asia, l'Unione dei Paesi Africani, ecc.); in una seconda fase, dopo aver dimostrato la bontà degli esperimenti compiuti nell'arco almeno di un quinquennio, si potrà chiedere la partecipazione volontaria di altri Stati ed allargare così i progetti di realizzazione di istituti comuni ancora più estesi; in una terza fase, se si fosse raggiunta un'alta percentuale di adesione degli Stati membri dell'Onu, ad esempio al 90%, si potrebbe ritenere di validare le esperienze pregresse di partnerariato politico, economico e sociale sperimentato nella prima e seconda fase e dare vita così ad un primo Organismo Mondiale.
La costituzione del Governo Mondiale potrebbe vedere la luce finalmente dopo un altro numero di anni in cui l'Organismo Mondiale avrà creato e per così dire rodato alcuni degli istituti base per la regolazione delle politiche comuni: sanità, ambiente, scuola e lavoro. Solo nelle ultime fasi, allorchè si sarà creata una coscienza sociale mondiale comune ed orientata al "pensare universalmente e ad agire localmente", dovrebbe essere reso possibile costituire altri istituti, tra cui un ordine giudiziario ed un unico esercito mondiale generale ed in tal modo la dichiarazione solenne del Governo Mondiale. Gradualmente gli eserciti nazionali dovranno essere sostituiti con un esercito mondiale che dovrà impedire i conflitti fra le Nazioni. Il numero complessivo di militari dovrà essere gradualmente ridotto. Anche dopo la formazione di un Governo Mondiale é improbabile che i conflitti infra ed intra-nazionali cesseranno. Gli attuali problemi connessi all'impotenza delle forze armate O.N.U., intese quale solo esercito di pace, è spiegabile dalla mancata fiducia che i governi danno a codesto esercito. Pertanto, la formazione di un unico esercito sovranazionale sarà possibile solo allorquando saranno stati già assimilati i principi cardinali di una convivenza mondiale: benessere collettivo e libertà individuale, in cui il primo abbia sempre la precedenza sul secondo. La presenza di istituti comuni che già oggi regolano le relazioni sociali, politiche ed economiche mondiali, come ad esempio il Gatt, il Wto, la Fao, ecc., sta a rappresentare un momento di riflessione e comunque di un'esperienza accumulata negli anni che certamente non va sprecata e sottovalutata. Ciò che manca ancora è uno spirito nuovo di cooperazione coordinata, di convivenza fraterna e di tolleranza reciproca fra le diverse etnie che popolano il pianeta.
E' estremamente positivo che dall'UE emerga un nuovo bisogno di consolidarsi e rapportarsi reciprocamente ed in maniera più coordinata. E' positivo il desiderio di avvicinare tradizioni, modi di pensare e di vivere differenti. E' positivo il desiderio di cercare di superare le divisioni interne, per abbracciare un comune sistema politico, economico, giuridico e sociale. I passi più significativi prelevati dal Preambolo della Carta Costituzionale sono i seguenti: "Persuasi che i popoli dell'Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino (.... omissis)."
L'esperienza che i paesi della nuova UE stanno esperimentando dovrebbe servire da monito e laboratorio di esperienze anche per altre regioni del pianeta, dalle più calde a causa di divisioni e conflitti, ad altre anche meno conflittuali.
E' però scomparsa dalla nuova Carta Costituzionale, firmata proprio a Roma il 29 ottobre 2004, la parola "federale" a vantaggio del meno allettante termine "comunitario". Prima di pensare di far interagire solo economicamente regioni geografiche tra loro distanti e creare, così, profondi squilibri economici e di vita (si pensi, ad esempio, al basso costo del lavoro presente nei Paesi dell'Est rispetto alle esigenze di sviluppo e potere di acquisto nei Paesi dell'Europa occidentale), la prima preoccupazione non dovrebbe essere quella di unirsi in un'unica Comunità per mere "Ragion di Stato", bensì per ragioni attinenti ad una reale crescita attraverso modelli di bio-regionalismo e di sviluppo locale, basati sul pieno e progressivo utilizzo delle risorse locali. Un seggio all'interno del Consiglio per la Sicurezza dell'Onu dovrebbe essere assegnato, per i motivi già spiegati, anche proprio alla Comunità Europea, in quanto modello di convivenza integrata e mirata alla condivisione di un progetto di vita senziente e comune.
L'interesse comune da cui sorgerà il progetto del Governo Mondiale non sarà solo determinato dal sentimento di "autoconservazione", simile a quello che si manifestò nell'epoca preistorica con la formazione dei primi raggruppamenti sociali, al fine di rendere più sicura l'esistenza degli individui dai pericoli esistenti nel mondo, ma andrà oltre: non solo per garantire la sicurezza e la vita delle persone dalle guerre e dalla fame nel mondo, ma per rendere effettiva la responsabilità dell'essere umano per la "conservazione" della vita sul pianeta, compresa la fauna e la flora.
La trasformazione delle idee universalistiche del Neo-umanesimo nella vita pratica è una delle funzioni della Teoria dell'Utilizzazione Progressiva, compreso il suo contributo per il graduale processo di formazione del nuovo Governo Mondiale.
Il cambiamento che porterà alla formazione di un Governo Mondiale potrà essere raggiunto in modo pacifico solo se decidiamo di ripartire dall'individuo inteso come un continuum di esistenza fisica, mentale e spirituale e come parte di un tutt'uno. Occorre che ognuno di noi si sforzi di rivedere i propri rapporti con gli altri e comprenda che i rapporti sociali servono al completamento ed arricchimento della propria ricchezza interiore. C'è tanto bisogno che ogni persona, dal proprio piccolo, faccia sempre più posto alla tolleranza, all'altruismo, allo spirito di servizio e fratellanza.
La formazione di grandi governi per grandi problemi è stata sempre la linea guida a cui si sono ispirati i nostri politici, non comprendendo forse che il miglior approccio per la creazione di una convivenza umana che salvaguardasse tutte le libertà ed i diritti delle persone e del pianeta fosse quello di costruire l'unità partendo dall'interno delle persone, anziché dall'esterno.
Il principio fisico dell'attrazione e della repulsione sembrerebbe un fenomeno che investe anche la fenomenologia sociale. E' naturale, da questo punto di vista, che due società tanto diverse come quella occidentale e quella islamica si ostacolino, respingano e allontanino da un loro incontro; occorrerebbe contrastare tale reazione equilibrandola ed inserendo elementi di attrazione tra i poli di pensiero che più determinano tale conflitto, come ad esempio maggiori rapporti interculturali, turismo, equi scambi commerciali, matrimoni misti, ecc. E' stata estremamente interessante, da questo punto di vista, l'iniziativa intrapresa della Regione Piemonte che l'ha vista promotrice di un incontro mondiale denominato "Terra Madre" che ha permesso l'incontro dei piccoli produttori agricoli e non del settore agroalimentare di tutto il mondo, favorendo così scambi ed interazioni culturali, nuovi legami economici tra regioni lontane, la comprensione del senso di appartenenza ad un unico pianeta.
D'altro canto, altri esempi simili di reciproca repulsione all'interno dei diversi contesti geo-politici sussistono per le richieste di autonomia da parte di movimenti nazionalisti indipendentisti contrastati da governi accentratori, come è il caso della Cecenia, Cina, Turchia. Casi come quello dell'Urss e della Jugoslavia, ma come anche quelli del risorgere della coscienza nazionale, del desiderio di indipendenza all'interno di Stati unificati magari da secoli (la Gran Bretagna, la Spagna, il Belgio, l'Italia stessa) mostrano che la consapevolezza della diversità prevale sempre, alla fine, sul tentativo di unità. Il desiderio di indipendenza all'interno di Stati unificati da secoli mostrano che la consapevolezza della diversità tende spesso a prevalere sul tentativo di unificazione.
Oggi più che mai dovrebbe essere sviluppata una sorta di alchimia sociale che riesca a bilanciare le forze di attrazione con quelle di repulsione presenti nelle società, al fine di ottenere in modo graduale una convivenza umana su una base sempre più allargata. Tale allargamento costante è ciò che si dovrebbe definire Governo Mondiale, ove le persone debbano sentirsi tutti facenti parte e con orgoglio riconoscersi come essere umano. Tale sforzo di estensione positiva della convivenza pacifica del genere umano rappresenta una sfida ed un obiettivo della presente generazione che deve vedere al prossimo decennio con l'occhio del pioniere coraggioso, pronto a sacrificare una parte di sé stesso per il benessere della collettività.
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