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PARADIGMI: DALLA QUALITA' ALLA SANTITA' DELLA VITA
Un nuovo paradigma sociologico.

Qualità della vita e tenore di vita socio-economico vengono spesso confusi tra loro, in quanto possono rappresentare i due elementi che le attuali società contemporanee ricche si trovano ad affrontare e che possono incidere entrambe, rispettivamente, in modo positivo e/o in negativo, sulla crescita socio-economica e lo sviluppo personale delle persone. Il progresso tecnologico viene spesso confuso con un aumento della qualità della vita: ad esempio le trasformazioni dei mezzi di comunicazione di massa, con il passaggio dalle prime radio alle televisioni multimediali al plasma, vengono concepite come miglioramento della qualità della vita, in quanto ci permettono di allargare i nostri confini comunicativi. Tuttavia, il solo progresso tecnologico non può rappresentare l'unico parametro di misura del miglioramento della vita, in quanto per ogni evoluzione tecnologica, si verificano effetti negativi che ci dirigono in una direzione di regressione. Maggiori consumi portano a maggior inquinamento; l'accrescimento della ricchezza nelle nostre città porta ad una maggiore criminalità ed i sistemi di video sorveglianza ad un controllo continuo della nostra vita, con intromissioni anche nella nostra privacy. Oltre a tali esempi se ne potrebbero portare molti altri.

Spesso, però, in molti periodi storici, le vie che hanno condotto allo sviluppo tecnologico ed allo sfruttamento delle risorse hanno contrastato con il bisogno della gente di appagare tanto le necessità materiali e primarie di vita, che l'anelo per una società che considerasse come importante anche lo sviluppo interiore.

Oggi sentiamo parlare così tanto di qualità della vita in ogni settore sociale (dal tenore di vita, dal commercio, all'industria; dai mezzi di comunicazione ai progetti scientifici) che la sensazione percepita è che davvero le società nel loro complesso abbiano assimilato tale accezione nel modo più ampio e generico possibile. Intorno al concetto di qualità della vita c'è spesso un velo di indeterminatezza, per dissipare il quale occorre risalire all'origine della parola, chiarirne la nozione ed il contesto culturale in cui si esprime. Questa espressione verbale, già presente nella letteratura socio-politica fin dagli anni '50, acquisì carattere programmatico nel 1964, quando l'allora Presidente U.S.A., Lyndon Johnson, affermò che gli obiettivi che egli perseguiva non potevano essere valutati in termini bancari, bensì in termini di qualità della vita. Via via, in seguito, è stato il paese nipponico a sviluppare, più di ogni Paese sviluppato, i concetti e le procedure per la Qualità Totale, in un contesto socio-economico di capitalismo avanzato e guidato dai principi del neo-liberalismo, corretti tuttavia da una tessuto sociale compatto. Da allora questa espressione, nel mondo capitalistico, compare sempre più frequentemente in scritti, discorsi, studi e programmi a carattere socio-politico ed in quest'ambito indica, agli occhi della collettività, che non è più sufficiente garantire alla società i livelli base di disponibilità delle minime necessità vitali (cibo, istruzione, casa, cure mediche, potere d'acquisto) in senso semplicemente quantitativo. Né, tantomeno, ciò può determinare la felicità né dell'individuo, né di una popolazione, perché essa dipende anche dal rapporto bisogni-desideri. Una società avanzata come, ad esempio, quella italiana, che progredisce e persegue l'ideale dello sviluppo socio-economico, una volta soddisfatti i bisogni di base e cioè le necessità minime vitali, insegue il soddisfacimento dei desideri e delle aspirazioni: i bisogni di sicurezza, di interrelazioni sociali, di potenziamento delle proprie capacità e di autorealizzazione. Ma qui cominciano a sorgere alcuni problemi: mentre i bisogni minimi vitali hanno capacità di appagamento, i desideri non sono altrettanto limitabili, anzi le nostre società hanno dovuto registrare il fatto che anche quando cresce il livello di disponibilità di beni, al punto da rendere possibile il soddisfacimento dei desideri e non più soltanto dei bisogni, aumenta tuttavia il cosiddetto "coefficiente di insoddisfazione" perché i desideri soddisfatti od ancora anelati generano altri desideri. La strada dei desideri è tortuosa e contorta al punto tale che difficilmente tale bramosia vede in vita una fine. Una società basata sull'ego porterà sicuramente la mente degli individui a moltiplicare i desideri, fino al punto che, pur avendo soddisfatto completamente le minime necessità vitali, si percepiranno la povertà, l'insoddisfazione, la disagietezza, l'inquietudine, la frustrazione come elementi soggettivi e non come realtà oggettive. Il senso di inappagamento soggettivo crescerà sempre più, in corrispondenza degli stimoli sempre più crescenti che le società riflettono. Le nostre società capitalistiche ed economicamente sviluppate, inoltre, caratterizzate dal forte stimolo indotto al consumismo, rivelano un'attitudine diversa rispetto alle società antiche guidate dal pathos. Inoltre, mentre nelle società antiche coloro che diventavano ricchi si dedicavano a desideri non economici (letteratura, arti, equitazione, avventure militari) le società attuali, anche quando sono ricche, rimangono legate ai dinamismi degli aspetti meramente economici (vita mondana, viaggi, investimenti in borsa, cinema spettacolo). Gli antichi, non ancora così vicini all'obiettivo delle politiche di raggiungimento collettivo delle minime necessità vitali, come invece sono le società economicamente sviluppate, davano più importanza al soddisfacimento dei desideri e dei valori immateriali, visto che l'input della psicologia sociale predominante era quella intellettuale.

La qualità della vita, non essendo diretta al soddisfacimento dei bisogni sul mero piano del benessere economico assume una connotazione di carattere personalstico e valoriale (distinzione tra bisogno dell'essere e dell'amare dal bisogno dell'avere, dove la qualità della vita si pone, ad esempio, in relazione al soddisfacimento di relazioni interpersonali più intense).

Altro filone di pensiero che si accompagna a questa prospettiva antimaterialistica di tipo socio-politico e culturale è il pensiero ecologista, secondo cui per raggiungere un livello adeguato di qualità della vita occorre adottare necessariamente, come ricetta immediata di urgenza, la protezione dell'ambiente. L'equilibrio ecologico degli esseri viventi e la conservazione delle risorse naturali, a difesa della sicurezza dell'habitat, sono fattori ritenuti indispensabili per una qualità della vita ecocompatibile.

La qualità della vita potrebbe significare oggi quello che poteva esprimere secoli fa: vivere in armonia con sé, gli altri e l'ambiente. Io, l'altro da me e l'habitat formano un organismo indivisibile, pulsante di vita, dotato di un proprio codice intelligibile, se non lo si osserva con spirito sezionatore ed analitico. Oggi ci sarebbe bisogno di nuovi indici di qualità, oramai sempre più reclamati da parte del mondo interassociativo, che possano essere riferiti ad aree socio-economicamente omogenee del Paese e che comprendano, per esempio, l'ecosistema urbano (ad es. qualità dell'aria e delle acque, balneabilità, consumi idrici, efficienza depurazione, rifiuti solidi urbani, raccolta differenziata, trasporto pubblico, isole pedonali, zone a traffico limitato, piste ciclabili, verde urbano, auto pro capite, aziende certificate Iso, abusivismo edilizio); la qualità sociale (ad es. indicatori su sanità, scuola, pari opportunità, lavoro il livello d'assistenza sanitaria) ed altri indicatori di buona vita. Oramai, assumere il Pil quale unico indicatore di sviluppo delle società rientra nella logica ristretta e deformante del capitalismo contemporaneo ove la politica della soddisfazione delle minime necessità vitali della popolazione porta la mente ad incrementare l'arena dei desideri nello stesso mondo della materialità dei desideri infiniti e mai appagabili, impedendo di espandere le potenzialità collettive ed individuali oltre il velo della mera sfera fisica percepibile dai sensi (al proposito si può leggere l'articolo "LE BUGIE DEL P.I.L. Una nuova visione della crescita economica" di Dante Nicola Faraoni del 22.07.04 sulla rivista on-line www.unmondopossibile.net).

La teoria, del Prama o dell'Equilibrio Dinamico, proposta dal filosofo indiano Prabhat Ranjan Sarkar, apre originali ed affascinanti panorami e suggerisce nuove soluzioni pratiche e teoriche alla estensione della qualità della vita in ogni suo aspetto, passando dal paradigma della qualità a quello della santità della vita. Dagli aspetti positivi del senso di umanità dell'uomo, occorre passare ad una nuova concezione dove l'umanità e la sensibilità dell'uomo siano al servizio degli esseri viventi e della conservazione delle risorse mondane e sopramondane. Dal senso contemporaneo di "qualità della vita", dove l'umanesimo compare quale motore di sviluppo e bilanciere delle risorse presenti sul pianeta, dovremmo giungere ad un nuovo paradigma della "santità della vita", dove il neo-umanesimo prenda il posto dell'umanesimo, ampliando la sensibilità umana a tutte le sfere dell'esistenza fisica, mentale e spirituale. Le radici della santità della vita, nei suoi tre livelli, fisico-mentale-spirituale, vanno al di là delle esperienze religiose, che comunque spesso hanno supplito ad un'assenza o carenza di spirito democratico nei periodi storici più negativi nelle società centralistiche (la Roma antica, la medioevale, la comunista, la capitalistica). Possiamo trovare le reali radici di questa nuova visione del neo-umanesimo in ciò che P.R. Sarkar definisce la sensibilità a 360 gradi verso tute le forme viventi, animate ed inanimate. In ciò risiede il significato della "santità della vita", dove, dopo il giusto superamento dello spartiacque tra qualità sociale della vita ed indici economico-finanziari di sviluppo, al fine di non far dipendere la qualità della vita (che è questione sociale) dagli indici di sviluppo (che sono calcoli economici sulla produttività), il benessere e lo sviluppo umano individuale coincida con il benessere della collettività e con il bene anche degli altri esseri viventi.

Attualmente, gli sforzi lodevoli degli Stati, attualmente con un vistoso sbilanciamento solo per quelli appartenenti all'area del Nord del Mondo sviluppato e industrializzato, di supportare il progresso della qualità della vita delle proprie popolazioni, rischia di provocare un'accelerazione della distruzione ed esaurimento delle risorse naturali, dell'inquinamento dell'ambiente, con la nascita, correlata alla sfera della salute, di nuove patologie mediche connesse, fra l'altro, allo stress e a disturbi nervosi. Ciò accade perché la potenzialità economica non viene considerata come uno degli aspetti della sfera del vivere sociale, ma solo come la condizione preminente in cui calcolare il volume dei profitti. In realtà, tali fattori di calcolo economico, pur avendo la loro importanza per la sussistenza, non possono di per sé indicare il livello di benessere sociale di una popolazione. In altro modo, non è possibile sostenere che una popolazione con bassi indici di crescita economica sia necessariamente una popolazione marginale, priva di valori ed aspirazioni.

La proposta, qui esaminata, di P.R. Sarkar, con la teoria del Prama (Equilibrio Dinamico), rappresenta un potente sistema di riequilibrio delle disarmonie oggi presenti in molteplici livelli dell'esistenza e della vita individuale e sociale. P.R. Sarkar muove le sue convinzioni, in tale ambito, principalmente da due importanti idee: la prima, in base a cui in natura esistono tre tipi differenti di forze, descrivibili rispettivamente come energia statica, energia mutativa e energia senziente; la seconda è che l'esistenza umana, sia a livello individuale che sociale, è composta dal piano fisico, mentale e spirituale. Alcuni caratteri delle tre forze sono così identificabili: forza statica con grossolanità, rudezza e staticità; forza mutativa con dinamicità; forza senziente con spiritualità, trascendenza, razionalità.

Poiché tali forze (statica, dinamica e senziente) sono sempre presenti, la tendenza è di formare un triangolo di forze dove la forza senziente si converte in forza dinamica, la forza dinamica in forza statica e quella statica in senziente, in un continuo processo di reciproca trasformazione e conversione. Tale processo di mutua conversione può, però, essere soggetta ad incontrare delle resistenze che sono causa di interruzione con diminuzione o perdita dell'equilibrio, rispettivamente nella sfera fisica, mentale e/o spirituale, sia individuale che sociale. Affinché, pertanto, venga mantenuto un equilibrio dinamico, sia nella società che nell'individuo, nelle rispettive tre sfere fisica, mentale e spirituale, è necessario cercare di mantenere il bilanciamento delle tre forze (statica, mutativa e senziente), assicurando la loro reciproca e continua conversione ciclica. Il discorso sulla qualità della vita si inserisce in tale discussione e precisamente nella possibilità di eliminare gli sbilanciamenti, i dissesti, i divari, gli scompensi, le instabilità, i disordini sotto gli occhi di tutti noi, con i problemi inquietanti ed allarmanti delle guerre globali, le ingiustizie sociali, lo sfruttamento, la disoccupazione, le crisi economiche, la fame nel mondo, l'inquinamento, la criminalità.

La profonda comprensione derivante dall'applicazione ed adattamento di tali due idee (il triangolo di forze applicato ai tre livelli dell'esistenza) dovrebbe anche condurre sia gli studiosi delle scienze cd. esatte, che gli studiosi delle scienze sociali ad intraprendere un cammino in comune finalizzato a creare uno spirito di unione per l'applicazione dei metodi e delle procedure di osservazione, analisi, verifica ed applicazione derivanti dalla Teoria del Prama.

Per concludere, un effettivo passaggio dal paradigma dell'unico sviluppo economico a quello della qualità della vita e da quest'ultimo al paradigma della santità della vita è possibile e compatibile con l'evoluzione dell'esistenza fisica, mentale e spirituale, negli individui e nella società, se realizzato in accordo ai principi di mutua conversione esposti nella Teoria dell'equilibrio dinamico.

2004-08-12 Massimo Capriuolo


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