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PER UNA VERA RIFORMA DEL LAVORO
DALLA SUBORDINAZIONE ALLA PARTECIPAZIONE

Il modello organizzativo basato sul "meccanicismo gerarchico" ha rappresentato nell'organizzazione mondiale del lavoro, per quasi un  secolo di storia industriale, sia nei sistemi capitalistici che comunisti, un sistema di riferimento assunto aprioristicamente  per  molti  studiosi del lavoro, imprenditori ed a cui le organizzazione sindacali occidentali si sono adattate, senza controbilanciarlo con altrettante proposte sostitutive complete.
Principi  guida  di  tale  modello sono, ancora oggi, la separazione fra le fasi della progettazione ed  esecuzione del lavoro, scindendo in due sfere distinte la personalità dei lavoratori e delle lavoratrici, con la negazione dei propri  diritti di partecipazione nei luoghi di lavoro.
In rapporto ai problemi emergenti della flessibilità del lavoro, da un lato, e di un nuovo modello organizzativo del lavoro, che tenga conto dei bisogni e dei diritti dei lavoratori, con l'esempio delle lotte in corso tra proprietà aziendale, organizzazioni sindacali e governo accadute nei mesi scorsi alla Fiat di Melfi e all'Alitalia, dall'altro, sta emergendo sempre più forte la necessità di un allontanamento della visione profitticentrica, cioè della misura della produttività del lavoro con il solo controllo dei tempi e dei metodi, con turni di lavoro massacranti, perché prolungati e senza turn-over, gabbie salariali, flessibilità.
Si sta verificando il risultato opposto: calo della produttività e della redditività aziendale, prodotti e/o servizi poco competitivi perché di scarsa qualità. Ancora nella realtà industriale italiana e mondiale, i modelli lavoristici tayloristi e fordisti stanno rappresentando i principali motori che orientano lo sviluppo economico dei Paesi, sia industrializzati, che in forte crescita economica (Cina, Corea e sud-est asiatico), con la gerarchizzazione delle funzioni, l'estrema frammentazione dei compiti e la divisione tra fase decisionale ed esecutiva, tra staff e linea.
E' urgente la nascita di nuovi modelli organizzativi del lavoro cosiddetti olografici od allargati, che vedano la partecipazione decisionale dei lavoratori anche nelle scelte strategiche delle aziende, dopo, ovviamente, un'adeguata preparazione e formazione; nella partecipazione alla redditività e produttività delle aziende gestite da gruppi privati.
Negli anni  '90, se il tema della partecipazione era stato fino ad all'ora studiato solo nelle imprese cooperative, che tuttavia oggi assomigliano sempre più a titani economici che a luoghi di democrazia economica, oggi la variabile partecipativa inizia ad assumere un ruolo strategico anche nei processi di gestione dell'innovazione tecnologica e della flessibilità organizzativa, in quanto i fattori decisionali, per la buona riuscita della qualità della produzione, devono essere attività preordinate già in fase di creazione dei prodotti e/o dei servizi.
È necessaria la realizzazione di Protocolli Industriali alla cui base sia rinvenibile una logica partecipativa attraverso (sì, ma solo in parte minima), contratti part-time, accordi di solidarietà, ma anche e soprattutto di programmi di formazione permanente, consultazione obbligatoria, partecipazione decisionale, partecipazione ai profitti delle aziende, sistemi di retribuzione variabile, organismi paritetici.
Ed in merito alla partecipazione anche ai profitti aziendali, sarà anche necessario fare una distinzione a livello di qualità dei coinvolgimenti economici, che non siano legati "in toto" alla  produttività e/o alla redditività aziendale (sia se introdotti dai vertici aziendali oppure decisi democraticamente con i lavoratori), ma che vedano una base minima e fissa di salario, a salvaguardia delle minime necessità vitali e del potere di acquisto garantito, al fine di salvaguardare il potere di acquisto durante le fasi di rallentamento della crescita economica.
Tuttavia, affinché tale sistema di partecipazione economico-decisionale dei lavoratori, ad esempio partendo dai paesi della UE, possa entrare in competizione positiva con gli altri sistemi a conduzione capitalistica, come ad esempio nell'area dell'Estremo Oriente, dove la mancanza di diritti e minime tutele sindacali rende il mercato del lavoro estremamente flessibile, ultra-competitivo ed inumano, è necessario che tutte quante le aziende, con il sostegno dei governi locali e le rappresentanze sindacali, si accordino ed attuino tutte insieme il Protocollo Industriale per la partecipazione dei lavoratori. Basterebbero poche aziende che non riconoscano e non adottino tale sistema partecipativo per rendere di difficile realizzazione l'obiettivo della partecipazione decisionale ed economica dei lavoratori nelle imprese.

2004-06-11 Massimo Capriuolo


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