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CRISI GLOBALE: ORMAI E' DEPRESSIONE!
Dopo un settembre vissuto dall'economia mondiale in maniera drammatica, il futuro si è fatto oscuro ed incerto anche per gli analisti più ottimisti.
Basti vedere il flop delle stime di crescita rilasciate dall'insieme delle istituzioni economiche nazionali e mondiali, i quali, in un anno, sono stati costretti in blocco a rivedere al ribasso le stime di 2 o più punti percentuali per l'anno in corso.
Senza contare le performance delle borse che l'anno scorso venivano date in crescita per il 2002 (dal 10 al 25%) ed invece è diventata una "Caporetto" per milioni di investitori, i quali si trovano oggi a piangere sulle illusioni dorate, abilmente artefatte dai promotori finanziari di mezzo mondo.
Fiducia dei consumatori e consumi al lumicino, inflazione reale e carovita allo stremo, sfido chiunque ad elencare un indicatore economico positivo!
Possiamo fare una panoramica sulle condizioni di quelle singole economie che un giorno erano di traino alla globalizzazione, visto l'insistente clima di fiducia che viene irresponsabilmente propagandato da governati ed esperti.
La locomotiva USA non funziona più dal marzo 2000 (data di inizio della caduta delle borse). La favola della NEW ECONOMY presentata come il futuro dell'economia USA e mondiale è rovinosamente finita tra scandali, truffe miliardarie, supermanager con le tasche piene e risparmiatori con le tasche vuote. Lo scoppio delle bolle speculative hanno fatto più danni del crollo delle Torri Gemelle. Un'economia tenuta a galla con i forti interventi del Governo Federale di Bush che ora pensa di far la guerra all'Iraq per rilanciare investimenti e produzione interna. Una mera follia che non salverà gli Stati Uniti dalla morsa recessiva.
Possiamo parlare del Giappone il gioiello economico degli anni '80 ora sull'orlo del collasso finanziario dovuto all'indebitameto dei gruppi bancari. Un economia malata da dieci anni che, nonostante i mega investimenti statali, non riesce a risolvere i suoi problemi, anzi ora si trova a far fronte all'ennesima recessione con il peso di un immenso deficit pubblico. L'Europa (UE) vive ormai da tempo nel limbo dell'economia con una crescita appena visibile e il debito pubblico di vari partners che pesa fortemente sul patto di stabilità.
Il sud America è ormai al collasso e prigioniera del debito estero, vedi per tutti la condizione dell'Argentina. L'Europa dell'Est, dopo l'apertura all'economia del libero mercato si trova ancora ferma nelle stesse condizioni depressive che già esistevano durante il periodo del crollo del blocco sovietico. In Africa, Asia la povertà e la guerra sono le uniche cose che crescono. Sfido ancora qualsiasi persona a dirmi dove il neo liberismo perpetrato tramite la globalizzazione economica abbia creato il tanto decantato sviluppo economico!
Ora tutti corrono ai ripari per arginare la depressione alle porte. Tutti parlano di di austerità, tagli alla spesa pubblica, di riforme strutturali per contenere il debito pubblico e privato. Si parla di nuove regole per moralizzare il mercato e far fronte agli scandali finanziari che hanno coinvolto istituzioni pubbliche e private. Ma le misure che si stanno intraprendendo per affrontare la crisi sono veramente in grado di cambiare direzione all'infausto destino dell'economia mondiale? La risposta è no! Vediamo perché.
Negli Stati Uniti con il caso Enron si è aperta una campagna moralizzatrice che tende a creare pene un po' più severe per i reati di concussione e falso in bilancio con multe più salate ma non con un aumento delle pene detentive. Non voglio qui discutere se è meglio la galera o le multe, ma in una situazione di così grave crisi i cambiamenti devono essere strutturali, in maniera da combattere la speculazione e i sistemi di investimento che la creano. Il mercato finanziario oggi assomiglia più ad una bisca o ad un casinò con i tavoli truccati, legalmente autorizzati ed in queste condizioni come si può pretendere di salvaguardare il popolo degli investitori e punire gli speculatori?
Dopo la crisi del '29 Kynes fece varare regole molto più rigide e severe per ingabbiare gli investimenti ad alto rischio in maniera che questi fossero indirizzati verso la produzione di beni dell'industria manifatturiera. Oggi la deregulation e i conseguenti disastri sono maggiori del periodo antecedente alla Grande Depressione e la stretta per logica dovrebbe essere più forte.
Altro esempio di come si affronta la crisi lo possiamo fare con la finanziaria varata qualche giorno fa dal governo Berlusconi. I Paesi come l'Italia che hanno dei forti debiti pubblici e si trovano ad affrontare una crisi come questa, non si possono permettere di varare degli interventi che con una mano danno (la detassazione) e con l'altra tolgono (il taglio dei fondi agli enti locali). La riforma fiscale allenta la morsa sui contribuenti che però saranno costretti a rinunciare o a pagare di tasca loro quei servizi che gli enti locali non potranno più dare per il taglio dei fondi. Questa situazione potrà portare nell'ipotesi migliore al pareggio di bilancio, ma se si eccederà nella detassazione si creerà un maggior deficit (che poi in qualche maniera dovrà essere recuperato). E' sicuro che a queste condizioni non ci sarà la possibilità di intervenire con investimenti ad esempio per il sud. Una finanziaria inutile e pericolosa per affrontare la crisi in corso: con la demagogia e l'improvvisazione non si affronta una situazione straordinaria come questa. C'è chi pensa che la crisi si possa affrontare con le teorie Kynesiane di interventismo e di ricapitalizzazione dell'economia con i soldi dello Stato ma questo non è più possibile perché in cassa ci sono solo debiti.
Il primo passo per affrontare l'attuale situazione è quello di ammettere che questa è una crisi di sistema e delle teorie che lo sostengono: il fallimento del neoliberismo è sotto gli occhi di tutti e ormai non ci si può più nascondere dietro la foglia di fico. Vanno trovati sistemi alternativi che garantiscano una maggior distribuzione della ricchezza, che risolva l'abisso che c'è tra l'estrema povertà dei Paesi Poveri o in via di sviluppo e l'opulenta ricchezza di una esigua minoranza dei super ricchi dei Paesi sviluppati.
Secondo la Teoria dell'Utilizzazione Progressiva, PROUT, le misure che devono essere intraprese per contrastare la crisi devono avere le seguenti caratteristiche:
1. Diminuzione delle disparità economiche e distribuzione della ricchezza aumentando il potere d'acquisto della popolazione attraverso l'incremento della produzione.
Va dato corpo ad una nuova politica dei redditi basata sull'aumento salariale parificato all'aumento della produttività. In questa maniera si otterranno gli stimoli economici e psico economici per dare sicurezza e incentivo al consumo. In questa direzione si troverà l'equilibrio per un naturale controllo dell'inflazione che ha già iniziato a preoccupare il popolo dei consumatori.
2. Riduzione delle differenze di patrimonio.
Il deficit pubblico è una spada di Damocle che incombe sulla testa di tutti gli italiani. Va programmata una riforma fiscale che non intacchi i redditi delle persone o delle imprese ma che tenga conto delle situazioni patrimoniali dei singoli individui. Va sicuramente posto un tetto patrimoniale minimo ed un aumento di tassazione che cammini di pari passo con l'aumento del patrimonio. Certamente va sottolineato il fatto che la tassazione dev'essere applicata in base alle possibilità patrimoniali del contribuente. Vanno anche apportati dei rigidi controlli sulle transazioni finanziarie in special modo con l'estero. Va aumentata la pressione fiscale sugli investimenti speculativi e le transazioni di capitali in uscita dal Paese. Vanno aumentate le pene detentive e pecuniarie per i reati di evasione fiscale,falso in bilancio, concussione e conflitto d'interesse. Lotta senza quartiere ai paradisi fiscali. Il risanamento della finanza pubblica dev'essere accollato a chi lo ha creato e contemporaneamente ne ha tratto beneficio: la parte più ricca di questo Paese.
3. Aumento della circolazione del denaro a livello locale.
Va creata una politica degli investimenti che favorisca lo sviluppo locale dell'economia. Questo dovrà favorire e stimolare la produzione ed il consumo di beni locali in maniera che i capitali siano reinvestiti in loco creando un circolo virtuoso permanente dell'economia. Questo tipo di scelte permetteranno al Sud di diventare produttivo come il Nord-Est.
4. Aumentare il livello di produzione.
Come per la circolazione del denaro bisogna prestare molta attenzione all'aumento della produzione di beni e servizi a livello locale. Vanno trovati ed applicati nuovi campi produttivi che aumentino l'autosufficienza economica del nostro Paese anche con l'uso di nuove tecnologie. Il riciclaggio è una delle frontiere dell'economia del futuro e permetterà al nostro Paese di salvaguardare il patrimonio ambientale e culturale.
E' chiaro che queste scelte provocheranno dei cambiamenti strutturali nel tessuto economico ad iniziare dall'organizzazione delle aziende private nelle quali prevarrà una tendenza alla partecipazione dei lavoratori e dei consumatori alla proprietà e alla gestione di esse applicando i principi della Democrazia Economica. La democratizzazione delle strutture produttive e commerciali su larga scala dovranno passare per la riforma delle Società per Azioni (SpA) che dovranno trasformare i loro organi amministrativi in organismi liberamente eletti con la formula "un voto un azionista". Questo permetterà un controllo democratico delle attività aziendali sotto il principio della coordinata cooperazione e combatterà la piaga "degli azionisti di maggioranza" che oggi controllano indebitamente le aziende. La socializzazione del sistema delle grandi imprese private dovranno permettere ai dipendenti di accedere alla proprietà delle stesse aumentando ulteriormente il grado di democratizzazione del sistema economico.
Allo stato attuale la depresssione economica ha già colpito vasti strati di popolazione ma se non si intraprenderanno le strade giuste per uscirne, essa si accuirà ulteriormente e siccome oggi non c'è più "papà Stato" che può rifinanziare l'economia, il collasso economico istituzionale non è un'ipotesi da scartare.
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2002-10-05 Dante Nicola Faraoni
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